COSTANTINO E L'INIZIO DEL "CESAROPAPISMO"

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bruciolis
00domenica 6 gennaio 2008 20:32

COSTANTINO E L'INIZIO DEL "CESAROPAPISMO"

Assolutismo statale impeccabile

Ciò nonostante il governo di Costantino - come nessun altro fino allora - ebbe poteri illimitati. Sia il senato della vecchia Roma che quello della ex Bisanzio erano ombre che non contavano nulla. Lo stato assolutistico di Diocleziano venne perfezionato e rafforzato con al vertice l'imperatore vestito d'oro, ornato con un diadema di perle con incastonati i presunti chiodi della croce. Tutto quello che faceva e diceva era sacro; bisognava prostrarsi davanti a lui.
Dalla sua lussuosa stanza, il Sacrum cubiculum, la piramide del potere si allargava verso il basso in una infinità di gradini: consiglio della corona, segretario, capi dell'esercito, supremi camerlenghi, amministratori dell'erario, ministri del tesoro, quattro prefetti per altrettante parti dell'impero, altri due per le capitali, e affiancati da una lunga serie di funzionari, che si fregiavano di titoli quali spectabilis, honoratus, clarissimus, perfectissimus.
Il cerimoniale adottato da tutti questi signori era artistico e insieme complicato, e così erano gli intrighi senza i quali non potevano vivere. A corte fu necessario ottenere con rapidità la grazia e la benevolenza del supremo, cosa tutt'altro che facile. Costantino era incessantemente attorniato da un gran numero di amici « fedeli» e « confidenti». Era un tipo socievole, non gli piaceva restare solo, prestava ascolto alle dicerie. Se veniva colto dal sospetto, o se un dignitario non gli andava più, nessuno poteva dissuaderlo dal compiere una terribile vendetta. Notabili che fino al giorno prima avevano mangiato alla sua tavola venivano imprigionati, decapitati, spogliati di ogni patrimonio. Persino il figlio Crispo e la prima consorte Fausta caddero vittime dei suoi attacchi d'ira. Per vivere era indispensabile difendersene.
L'imperatore rese anche chiaro il fatto che la sua persona rappresentava un tribunale supremo e senza appello, si trattasse di problemi giuridici, di decisioni militari, di questioni politiche o economiche. Persino nelle questioni religiose si atteggiò ad arbitro incontrastabile. Fu imperatore, dio, gran sacerdote. « Voi», dichiarò ai suoi chierici, « siete vescovi in seno alla chiesa; io, invece, sono stato nominato da Dio vescovo-generale al di fuori di essa». I chierici ne presero atto senza fare obiezioni.
Ma in tal modo vennero gettate le fondamenta per quella forma di governo più tardi definita cesaropapismo. Costantino e coloro che dopo di lui salirono al trono di Costantinopoli poterono sentirsi contemporaneamente imperatori e papi
(califfi, dice Spengler), modello che sarebbe poi penetrato sin nell'occidente europeo. Carlo Magno ne è un chiaro esempio, e questa idea rappresentò il sogno di Federico II von Hohenstaufen. Durante tutto il medioevo il sistema bizantino rappresentò l'ideale segreto dei prìncipi d'occidente. Soltanto la riforma consentì ad alcuni di essi di realizzarlo.


L'imperatore è fratello di Cristo

Il padre spirituale del cesaropapismo fu Eusebio di Cesarea, detto anche Eusebio Pamphili, dal nome del suo maestro. Nato ed educato in Palestina, questo prelato di corte, autore di molti scritti, apparteneva a quel ristrettissimo gruppo di intellettuali della giovane chiesa che si erano lasciati fortemente influenzare dai filosofi neoplatonici.
Egli incontrò Costantino allorché questi stava complottando
per impossessarsi della porpora imperiale. Pare si siano capiti al volo. L'imperatore colmò di onori il dotto sacerdote, gli concesse innumerevoli favori, lo fece diventare suo intimo consigliere (accanto a Sopater) e se ne servì per non perdere i contatti con la chiesa cristiana. Non sappiamo con precisione quale sia stato il ruolo avuto da Eusebio nella politica religiosa del suo signore, ma che egli l'abbia influenzata, è provato dal fatto che il neoplatonismo impressionò non poco Costantino. Forse è stato questo comune amore per il pensiero di Plotino, Porfirio e Giamblico a gettare il ponte su cui l'augusto passò al cristianesimo. Resta comunque assodato che sin dall'inizio Eusebio fu uno dei più decisi partigiani del suo padrone. Lo ha esaltato nei suoi primi scritti in maniera esagerata, equiparandolo agli angeli di Dio e a Mosè e conquistando così a corte la posizione che spetterebbe oggi a un capo dell'ufficio centrale di propaganda. Mise tutto il suo sapere al servizio del sovrano, senza mai contraddirlo nelle convinzioni che tanto aveva care.
Ci riuscì senza sforzi, per il semplice fatto che l'obiettivo di Costantino (unità tra stato e chiesa) era anche il suo. Dal teologo alessandrino Origene (185-253), Eusebio aveva mutuato un modello di mondo e di cielo che corrispondeva abbastanza precisamente alla piramide neoplatonica, alla cui sommità era possibile collocare solo l'«Unico Sublime», non però due o tre istanze supreme. In termini cristiani significava: là dove siede il Dio Padre, non può esserci il Figlio. Questi dovette contentarsi di un gradino più basso.
Questa concezione favorì la scalata dell'imperatore, che venne a trovarsi accanto al redentore, « al fine di aiutarlo nella lotta per condurre il mondo a Dio» (Heer). Negli scritti di Eusebio, Costantino salì rapidamente di grado: nuovo Ciro, redivivo Alessandro, nuovo salvatore che, come la Fenice e il Cristo - questi i paragoni del prelato di corte - risorge nei suoi figli. Il suo trono godeva della protezione di Dio. Gran parte della chiesa accettò questa giustificazione teologica del cesaropapismo, la restante parte si mostrò piuttosto diffidente.
Mentre gli appartenenti alla cultura greco-orientale non sapevano che farsene della divinità di Cristo contestata da Eusebio, l'occidente non volle rinunciare al mistero della Trinità e al Cristo, intermediario tra realtà terrena e soprannaturale. In oriente il pensiero era ancora basato su grandi sistemi universali ispirati all'unico Dio Padre e comprendenti un posto di demiurgo per il Figlio; in occidente prevaleva tuttavia la convinzione che spettasse a tutti e due lo stesso livello, e questa parte del mondo rifiutò di farsi imporre dai dottissimi chierici greci una filosofia che veniva sentita come profondamente estranea. L'opposizione dell'occidente alla dottrina di Origene provocò il primo di una lunga serie di conflitti destinati a spaccare il cristianesimo in due grandi chiese: la greco-ortodossa e la romano-cattolica.
continua


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