DOPO IL POETTO, L'ANFITEATRO

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centrosardegna
00venerdì 28 aprile 2006 22:39

Di scempio in scempio: dopo il Poetto, l’Anfiteatro. Un altro regalo di Emilio Floris...

«Dopo il Poetto l’Anfiteatro. Dopo lo scempio del patrimonio naturalistico, la distruzione del pezzo più pregiato del patrimonio storico e archeologico della città».

Gian Mario Selis, candidato sindaco dell’Unione di Centrosinistra e Sardista alle elezioni amministrative del prossimo 28 maggio, interviene nella polemica sull’Anfiteatro romano. Alza i toni della campagna elettorale e punta il dito contro Emilio Floris: «Da anni ormai il sindaco si muove al limite della legalità formale, inventandone una al giorno per non smontare quell’orribile armatura di ferro e tavoloni con cui ha rivestito l’Anfiteatro, cuore nobile della Cagliari romana».

«Il motivo di tanta riluttanza - secondo Selis - è noto a tutti, politici e addetti ai lavori, meno che ai cittadini, i primi e gli unici che avrebbero diritto di conoscere ciò che è successo».

Quel che è successo Selis lo spiega così: «I gradoni di calcare sono stati perforati coi martelli pneumatici per installare i tubi di metallo e le gradinate in legno. L’Anfiteatro è stato distrutto per sempre. Un nuovo Poetto, un altro regalo a Cagliari e ai cagliaritani firmato Emilio Floris».

«La vicenda dell’Anfiteatro – insiste Selis – dimostra che tutti traggono profitto dall’esperienza, meno che Floris e la sua giunta. E’ solo così, seguendo una volontà suicida di sommare ancora errori ai vecchi errori, che si è potuti giungere dai silenzi e le omissioni sul Poetto fino alla cementificazione selvaggia di ogni area disponibile, alla svendita di Tuvixeddu, alla distruzione dell’Anfiteatro».

Selis conclude chiedendo al sindaco Floris un’operazione di verità e di dignità: «Togliere le gradinate posticce, mostrare alla città in che stato è l’Anfiteatro». Con un avvertimento: «La tecnica di sempre - nascondere, occultare, rinviare, mentire, inventare scuse e ancora scuse nella speranza che i cagliaritani dimentichino - questa volta non funzionerà: il sindaco renderà conto alla città di questa ennesima malefatta contro la storia e la cultura cittadina».

centrosardegna
00martedì 2 maggio 2006 00:09
Si deve proprio togliere la "legnaia" dall'Anfiteatro romano !!!




Le reazioni alla sentenza del T.A.R. Sardegna, recentemente depositata, che, in sostanza, ha accolto le ragioni del Soprintendente per i beni archeologici che chiedeva la rimozione dell’allestimento ligneo per gli spettacoli estivi (inizialmente predisposti dall’Ente Lirico di Cagliari) non sono certo mancate. Fra queste sono degne di particolare nota quelle dell’ex sindaco Mariano Delogu, oggi senatore, fra i principali “autori” del rivestimento ligneo che dal 2000, purtroppo, ricopre l’Anfiteatro romano di Cagliari, il principale monumento di epoca romana esistente in Sardegna nonché uno dei tre soli anfiteatri romani scavati nella roccia ancora esistenti. Secondo il senatore Delogu >“in capo a cinque anni quel posto tornerà ad essere l’immondezzaio poco visitato e poco conosciuto che era prima del nostro intervento”. Il sindaco Floris ed il titolare di Sardegna Concerti Massimo Palmas, come se niente fosse, vogliono far svolgere la stagione estiva sulla “legnaia”. Poi si vedrà. In autunno. Il Soprintendente ai beni ambientali Gabriele Tola è sostanzialmente d’accordo: >“smontare ora sarebbe assurdo, si farà entro dicembre”. Ancora più “assurda” è la proposta di Amici di Sardegna: “trasferire” l’anfiteatro di legno, pari pari a Tuvixeddu, nel canyon di cava.
A tutti costoro vien da ricordare qualcosa, non opinioni personali e parole in libertà, ma disposizioni di legge.
L’Anfiteatro romano riveste le caratteristiche di “bene culturale” ai sensi degli artt. 10 e ss. del decreto legislativo n. 42/2004 ed è tutelato con vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 142, comma 1°, lettera m, del decreto legislativo n. 42/2004. Ai sensi dell’art. 20 del decreto legislativo n. 42/2004, “i beni culturali non possono essere distrutti, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure da recare pregiudizio alla loro conservazione”.
L’intervento, definito in tutti gli atti disponibili “temporaneo e reversibile”, risulta autorizzato con condizioni sul piano della tutela archeologica con note Soprintendente Beni Archeologici n. 7252/1 del 14 ottobre 1998, n. 8840 del 9 novembre 1998, n. 9373 del 25 novembre 1998, n. 8989/1 del 23 dicembre 1999 (relativa alle modalità del rilievo archeologico, che presuppone la completa rimozione degli interventi) n. 9170 del 30 dicembre 1999 (individuazione dei 44 punti di appoggio ed ancoraggio) e n. 3375/1 del 16 maggio 2000. D’altra parte, la Soprintendenza per i beni Archeologici non poteva non autorizzare un intervento relativo ad “usi non compatibili con il … carattere storico od artistico oppure tali da creare pregiudizio alla … conservazione o integrità” ex art. 21 del decreto legislativo n. 490/1999 allora vigente (Cass. pen., sez. III, 19 gennaio 1994, n. 2288). Analogamente l’Assessorato reg.le P.I. e BB.CC. - Ufficio tutela paesaggio aveva rilasciato il nullaosta paesaggistico n. 9164 del 30 novembre 1998 ex art. 151 del decreto legislativo n. 490/1999 allora vigente “visto il carattere di amovibilità e temporaneità dell’intervento” ed il medesimo Consiglio comunale aveva approvato il progetto definitivo ex art. 42 della normativa di attuazione. P.R.G. allora vigente (deliberazione n. 21 del 23 febbraio 1999) con la considerazione che “il progetto è costituito essenzialmente da strutture di adeguamento quasi interamente amovibili ad eccezione di alcuni locali (servizi igienici, n.d.r.) di modesto volume”. L’intervento comunale di allestimento ligneo ha beneficiato di un finanziamento pubblico di 6,5 miliardi complessivi di vecchie lire ai sensi della legge n. 270/1997 e della legge regionale n. 30/1993 condizionato all’utilizzo dell’intervento medesimo per almeno 5 anni, scaduti nel 2005.
Con la nota n. 6735 del 9 ottobre 2000 il Soprintendente Archeologico di Cagliari invitava il Comune di Cagliari “a provvedere, con la consentita sollecitudine, alla restituzione del monumento alla naturalità del contesto archeologico e perciò a rimuovere tutte le impalcature lignee relative alla platea ed al palco, nonché alle gradinate delle estremità settentrionale, orientale e occidentale e delle relative vie di fuga, fatti salvi gli apprestamenti idonei a consentire l’agibilità dell’edificio alla visita del pubblico … e quanto altro necessario a garantire, sul piano della sicurezza, il rispetto della normativa vigente”. Detta nota veniva dall’Amministrazione comunale cagliaritana impugnata davanti al T.A.R. Sardegna con l’esito sostanziale di fermare fino al momento attuale qualsiasi operazione di rimozione di quello che doveva essere un allestimento amovibile e temporaneo. Il Comune di Cagliari ha visto, ora, dichiarare improcedibile il proprio ricorso e, piaccia o no, deve adeguarsi alla sentenza. Ma non solo.
Infatti, ai sensi degli artt. 16 del regio decreto n. 1457/1940 e 158 del decreto legislativo n. 42/2004, l’autorizzazione paesaggistica perde efficacia con lo scadere del periodo di cinque anni dall’emanazione, per cui, qualora non sia intervenuto nuovo nullaosta, dal dicembre 2003 l’allestimento ligneo non sarebbe autorizzato sul piano paesaggistico: dopo numerosi esposti, le associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d’Intervento Giuridico, con la nota del 16 maggio 2005, chiedevano per l’ennesima volta la rimozione della persistente “legnaia” dall’Anfiteatro romano, ormai palesemente illegittima.
Il senatore Delogu, se vuol fare qualcosa di buono per Cagliari e l’Anfiteatro, si preoccupi di sollecitare fondi per la pulizia e la fruizione pubblica del monumento romano, il sindaco Floris ed il Soprintendente Tola rispettino e facciano rispettare la legge: se l’intervento non ha più un’autorizzazione paesaggistica valida, è abusivo, punto e basta. Quanto a voler spostare la “legnaia” con bulloni e tubi metallici in quel di Tuvixeddu, pare l’ennesima boutade senza conoscere situazioni e contesti: a parte l’assurdo progetto di “stradone” tanto caro all’Amministrazione comunale cagliaritana, il canyon di cava è destinato a parcheggio esterno nel progetto in corso di realizzazione del parco archeologico-ambientale di Tuvixeddu. Si informino gli Amici di Sardegna. Un eventuale teatro all’aperto ha bisogno di adeguato spazio, servizi e rispetto delle misure di sicurezza: un’ipotesi di ubicazione alternativa – da verificare – potrebbe esser il parcheggio di S. Elia, lato mare.
Decenza e rispetto della legge vorrebbero l’avvìo, senza ulteriori indugi, delle procedure per la rimozione dell’allestimento ligneo e la restituzione dell’Anfiteatro romano alla natura di bene culturale archeologico ed alla piena fruizione pubblica.
L’ennesimo, illegittimo, rinvio o, peggio, l’ignavia costringerà le associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d’Intervento Giuridico ad interessare formalmente la competente Procura della Repubblica, il Ministero per i beni e le attività culturali, l’Assessorato regionale per i beni culturali, le Soprintendenze competenti ed il Comune di Cagliari perché si provveda coattivamente e si accertino le eventuali responsabilità omissive.



centrosardegna
00sabato 6 maggio 2006 21:55
Una proposta realizzare un anfiteatro nel Canyon di Tuvixeddu.



La recente, quanto gradita e attesa, notizia dell’imminente ripristino dell’anfiteatro romano di Cagliari, che da anni è come ingessato da tubi metallici e tavoloni, ci impone delle scelte contingenti e necessitate.
Dove saranno ospitati i più importanti eventi della stagione turistica cittadina?
La grande massa di tavoloni ed impalcature poste all’interno dell’anfiteatro romano dove saranno posizionate?
Ecco quindi l’idea.
Trasferiamo tutto il necessario in prossimità di Via Falzarego nello spiazzo sottostante del Canyon di Tuvixeddu.
Questa area è posta proprio al di sotto del manto stradale di via Falzarego, un tempo utilizzata dalla Italcementi per lo stazionamento dei mezzi pesanti, presenta tutte le caratteristiche ideali per la realizzazione di uno spazio culturale e di spettacolo polivalente a cielo aperto
La nostra proposta è la seguente: utilizziamo questo spazio, anche provvisoriamente, per realizzare un originale anfiteatro da utilizzare per le manifestazioni ed eventi di grande richiamo.
In questo modo, la città di Cagliari dopo oltre mezzo secolo, si riapproprierà di un territorio, oggi fortemente degradato ed isolato, risolvendo tanti problemi e fra questi:
- recupero funzionale e bonifica dell’area;
- ottimizzazione degli impatti acustici;
- vicinanza all’anfiteatro romano;
Peraltro l’idea è pienamente compatibile con l’innovativa proposta della valorizzazione del Canyon avanzata dal Dott. Alessandro Loddo, analista politico sociale degli usi del territorio.
La sua originale ipotesi si articola sulla opportunità di realizzare una struttura ad alta valenza architettonico urbanistica, con destinazione culturale che ha il merito di proporre una “credibile” alternativa all’accordo di programma attualmente in vigore che, come noto, prevede la realizzazione dell’asse stradale all’interno del Canyon di Tuvixeddu in spregio alle grandi potenzialità che il sito possiede.
Cosa ne pensate?

centrosardegna
00domenica 8 aprile 2007 18:37
L'anfiteatro romano come il Poetto
Qualcuno pagherà il conto
per i danni fatti dal potere arrogante?






Nelle cronache cittadine degli ultimi mesi hanno avuto ampio risalto le vicende giudiziarie scaturite dal demenziale “ripascimento” operato sulla spiaggia del Poetto. Mentre sta per giungere all'epilogo il processo penale a carico dei soggetti ritenuti responsabili del disastro, fra i quali i vertici della Provincia della passata legislatura, si ha notizia di un giudizio recentemente promosso dalla Procura della Corte dei conti per ottenere il risarcimento dell'ingente danno subito dall'erario, pari a quasi cinque milioni di euro, per lo sperpero delle risorse pubbliche e per il danno di immagine subito dalla pubblica amministrazione.

Ma lo scempio del Poetto, purtroppo, non è l'unico compiuto in questi anni ai danni della città di Cagliari da una classe politica tanto inetta quanto arrogante che, per il solo fatto di aver conquistato il potere, ha ritenuto di poter fare quanto voleva senza dover rendere conto del proprio operato. Una vicenda emblematica di questa filosofia e di questi comportamenti avrebbe potuto essere, senza il salvataggio in extremis da parte della Giunta Soru, quella della necropoli di Tuvixeddu. Ma, certamente, lo è stata quella dell'Anfiteatro romano di Cagliari, monumento di straordinario valore archeologico e storico (uno dei pochissimi al mondo interamente scavato nella roccia). Vale la pena di ripercorrerla brevemente.

Nel 1999, profittando dei fondi stanziati in vista del Giubileo dell'anno successivo, il Comune di Cagliari predisponeva ed approvava (con delibera del Consiglio n. 21 del 23 febbraio) un progetto che prevedeva, ai fini dell'adeguamento funzionale in vista della stagione lirica, la copertura della platea e delle gradinate dell'anfiteatro romano con una serie di strutture un legno e metallo. Purtroppo il progetto otteneva il nulla osta della Sovrintendenza per i beni archeologici e quello dell'Assessorato regionale della Pubblica Istruzione e Beni culturali.

Tutto in regola si direbbe. Peccato che, nel provvedimento del Comune, si prevedesse, anzitutto, che le strutture da realizzare dovessero essere «quasi interamente amovibili ad eccezione di alcuni locali di modesto volume». Peccato che fosse anche previsto che, una volta terminata la stagione lirica, le strutture dovessero essere rimosse. Peccato, infine, che i nulla osta autorizzativi dell'intervento non prevedessero che, per realizzarlo, si dovessero danneggiare le gradinate con perforazioni di vario genere dirette ad ancorare alla roccia i pali metallici di sostegno delle strutture in legno posticce.

Appena iniziati i lavori si verificava qualcosa di analogo, sebbene, ovviamente, su scala ridotta, rispetto a ciò che è avvenuto non appena iniziato il ripascimento del Poetto. Di fronte all'imperversare dei martelli pneumatici reagivano il mondo culturale e quello ambientalista, che chiedevano l'immediata sospensione dei lavori. Niente da fare. I lavori dovevano proseguire senza sosta e gli oppositori starsene zitti e buoni se non volevano essere definiti, come lo storico Antonio Romagnino o l'archeologo, accademico dei Lincei, Giovanni Lilliu, degli sfaccendati.

In poco tempo l'obbrobrio veniva portato a termine. Ma, conclusasi la stagione lirica, al danno si aggiungeva la beffa. Chi aveva assicurato la rimozione delle strutture si defilava, parlando di costi astronomici; la Sovrintendenza stava a guardare o, comunque, non interveniva con la dovuta energia; l'Assessorato regionale, da un lato, sosteneva che il nulla osta aveva la validità di tre anni, dall'altro, ipotizzava che gli oneri di rimozione e ripristino - non si sa in base a quale disposizione - potessero essere accollati alla Regione.

Inutili si rivelavano le proteste della cittadinanza; inutili erano le iniziative in sede politica promosse da chi scrive e da altri consiglieri regionali durante la scorsa legislatura; inutili erano i tentativi finalmente posti in essere dalla Sovrintendenza per indurre il Comune a far fronte ai propri impegni. L'anfiteatro è tuttora ingabbiato e sottratto a chi volesse accedervi per visitarlo e non è da escludere che il passare degli anni abbia aggravato i danni causati dalle perforazioni.

E dire che, nel febbraio del 2006, il T.A.R Sardegna, accogliendo le ragioni della Sovrintendenza, ha sostanzialmente riconosciuto che le impalcature debbono essere rimosse. Non solo. Sull'anfiteatro è stato imposto anche un vincolo archeologico. Ultima notizia di questi giorni è che sarebbe stato accertato che l'area dell'Anfiteatro non è nemmeno di proprietà del Comune ma del Demanio.

A questo punto c'è da chiedersi come mai ciò che è avvenuto per il Poetto non si sia ancora verificato per l'Anfiteatro romano e, in particolare, perché non si sia finora accertato se si siano concretate ipotesi di reato e come mai nessuno sia stato finora chiamato a rispondere dei danni erariali, che certamente vi sono stati.

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