I giochi nel futuro dei telefonini

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fabiano1987
00giovedì 18 agosto 2005 13:49
Giovedì 4 Agosto 2005
I giochi potrebbero essere la prossima grande onda che trascinerà la crescita delle comunicazioni cellulari, un settore che per molti analisti è vicino al punto di saturazione per i servizi tradizionali. A livello mondiale il fatturato dei “mobile games” viene stimato oggi di 2,6 miliardi di dollari, con una crescita prevista a 11,2 miliardi di dollari per il 2010 (dati di Informa Telecom & Media).

Molta acqua è passata sotto i ponti e molti dati tra i ponti radio dal 1997, quando faceva la sua apparizione Snake, il primo gioco su cellulare. Da allora il ritmo di sviluppo del mobile gaming è stato incalzante. Il 2005 può già essere definito l’anno zero del 3D, con cellulari che hanno capacità grafiche delle console di videogiochi di qualche anno fa (leggi Playstation One) e con gli sviluppatori che iniziano a sfruttarle.

Anche il pubblico sta cambiando. Per fare un esempio che distrugge il cliché del giocattolo per adolescenti maschi e solipsisti, nel corso del primo trimestre di quest’anno negli Stati Uniti le donne hanno scaricato più giochi per il cellulare degli uomini. Cambiamenti ancora più importanti sono in arrivo. Ormai il mercato è abbastanza sviluppato da essere segmentabile in tre ambiti principali, con caratteristiche e dinamiche diverse.

Partendo da quello più ampio per numero di utilizzatori potenziali, il “casual gaming” (per intenderci quello che comprende chi giocava a Snake mentre aspettava la metropolitana in ritardo) viene visto come terreno di caccia soprattutto dai “publisher” di giochi, che puntano a conquistarlo con prodotti semplici e a basse esigenze di manualità (i cosiddetti giochi “one touch”) con costi bassi ma replicati in un numero elevatissimo di copie.

Il secondo settore è quello delle “community”, un termine che copre un mondo molto variegato e fenomeni che possono essere favoriti dai gestori mobili ed essere indipendenti da questi. Le comunità di giocatori mobili comprendono di solito un portafoglio di giochi scaricabili, la possibilità di inviare proprie recensioni, di partecipare a tornei virtuali con l’assegnazione di “punti” spendibili per scaricare altri giochi, eccetera. Queste comunità sono e saranno spinte dai gestori perché oltre a fidelizzare l’utenza (esigenza universale visto l’aumento del churning) e a incrementare il traffico dati, consente ai gestori di mantenere i publisher di giochi legati a sé, grazie al ricco mercato potenziale che sono in grado di offrire. La comunità di questo tipo più grande al mondo è Game Lobby, legata al gestore americano Sprint, che conta più di mezzo milione di iscritti.
“il rapporto tra gestori mobili da una parte e tutti gli attori di questo mercato dall’altra sono la grande incognita dello sviluppo - sottolinea Fabio Viola, direttore responsabile di Giocare con il Cellulare - Il modello di business oggi dominante almeno in Europa vede al centro i gestori, che controllano la base clienti, e tutti gli altri, dai produttori di handset ai publisher di contenuti, a ruotare attorno con una quota parte del fatturato globale generato dai giochi inferiore al 20 per cento”.

Nel futuro la situazione potrebbe estremizzarsi. “Con la riduzione a commodity della voce – conferma Viola – le previsioni danno per il 2009 la percentuale dell’ARPU (Average Revenue Per User) degli operatori derivante dai contenuti mobili al 40 per cento. Se si incrocia questa previsione con quella che assegna gli 11,2 miliardi di dollari generati dal mobile gaming per due terzi al download e il restante al traffico dei giochi multiplayer e di community, si comprende che a parità di modello di business il gaming sarà la manna degli operatori”.

Non è detto però che il modello imperante oggi lo sia ancora tra qualche anno. Se si esamina infatti il terzo segmento del settore, quello dei giocatori “duri e puri”, ci si trova davanti a prodotti che già oggi hanno grafica di notevole qualità, con programmi che arrivano a pesare anche un mega e mezzo. Lo sforzo e gli investimenti che sono necessari per sviluppare questi giochi, e quello necessario per produrre handset con le funzionalità minime per farli funzionare dall’altra, fanno esigere da parte dei publisher e anche dei produttori di hardware un flusso più consistente dell’attuale di entrate e soprattutto più sicuro e indipendente dalle scelte dei gestori. Negli Stati Uniti la tendenza si sta già manifestando, con i publisher alla ricerca di canali alternativi per la vendita dei propri giochi, dagli accordi con i produttori di handset a quelli con le catena di sale giochi.

I giochi concepiti oggi per i “duri e puri” saranno d’altra parte domani o dopodomani la normalità anche per i giocatori casuali. Integrazione dei contenuti è la parola d’ordine, con grafica 3D, streaming audio, messaggistica e download come ingredienti. Più che giochi siamo di fronte ad “ambienti” interattivi di socializzazione: una discoteca virtuale, per esempio, con una chat in tempo reale tra gli inquilini, rating degli stili di ballo, tornei per la migliore playlist. Oppure un flirt virtuale, con ragazzi e ragazze virtuali che rispondono agli sms, mms e persino alle telefonate dei giocatori.

Questi ambienti sono il corollario di intrattenimento ideale per “oggetti” che non sono più “telefonini”, ossia apparecchi telefonici con qualche funzionalità in più, ma veri e propri oggetti tecnologici personali universali, “universal personal device”.

Basta scorrere le funzioni del cellulare del futuro delineati dal recentissimo studio della inglese Impaq sulla mobile life. A fronte di cose come la telefonia, gli SMS, le foto e al massimo l’utilizzo dei portali degli operatori, il cellulare del futuro farà tra l’altro il pagamento dei parchimetri, sostituirà le carte fedeltà e in seguito anche quelle di credito e di debito, permetterà il check-in dei voli, il pagamento ai distributori automatici, del conto della spesa al supermercato, farà persino da chiave elettronica (sostituendo per esempio il telecomando della chiusura centralizzata).

E’ chiaro che nessuno affiderebbe tutte queste funzioni a un oggetto che è “in mano” a un singolo gestore di telecomunicazioni. Ma un “movimento di indipendenza” da qualche parte deve pure iniziare. Se fosse dai giochi non ci stupiremmo più di tanto.

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