IL PASSATO TIRANNO

inadempiente
00lunedì 8 gennaio 2007 19:22

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Si svegliò e guardò l’orologio: erano le sette, il sole splendeva. Ma la notte che la tormentava era tuttaaltro che conclusa. Si infilò qualcosa e scese nella “sala colazione” dell’albergo;una stanza spaziosa, affollata da un’umanità rumorosa ma gradevole; la luce del mattino irrompeva nella camera attraverso finestre enormi incorniciate da tende bianche e pulite. Le pareti e il soffitto erano celesti, come il mare che si poteva vedere guardando attraverso i vetri delle finestre. Ogni angolo di quel posto comunicava purezza e felicità. Un timido sorriso solcò il suo triste volto. Il candore che la circondava creava un buffo contrasto con l’oscurità che dominava i suoi pensieri; i suoi splendidi occhi verdi erano persi nel vuoto .Era sola seduta ad un piccolo tavolo, attirava gli sguardi di tutti, ma sapeva che tutti la ignoravano; era prigioniera della sua bellezza. Non riusciva ad avere amiche: erano invidiose del suo aspetto fisico.Non riusciva ad avere amici: i ragazzi che le stavano intorno volevano solo portarsela a letto. Se solo avesse potuto portare dentro di se un po’ di quella luce, di quelle tovaglie bianche,di quei bambini con la bocca sporca di marmellata…purtroppo accadde il contrario. Si sentiva come un vulcano in procinto di eruttare cattiveria. La cupa tristezza che la divorava cominciò a fuoriuscire dal suo corpo. Lanciò un’occhiataccia ad un bimbo colpevole solo della commovente musicalità della propria risata; rivolse parole di scherno al giovane cameriere che le chiese se l’hotel fosse di suo gusto: “Mi trovo bene, ma la servitù non è all’altezza dell’albergo” gli disse. Ma perché era così inavvicinabile e cinica?Che cosa l’aveva resa così malvagia?Da dove era nata quelinsopprimibile perfidia?Cercò di fare chiarezza;chiuse gli occhi e ripensò ai momenti che avevano segnato una svolta nella sua giovane vita. Cercò di capire quali strade aveva percorso prima di arrivare in quella sala. Disprezzò con tutta se stessa la mandria di essere insignificanti che con la loro gioia le impedivano di concentrarsi sulla sua tristezza. I suoi tentativi furono vani. Non riuscì a ricostruire il percorso che l’aveva portata a fare colazione in quella stanza. Il cameriere la incalzò: “dobbiamo sparecchiare” e lei fu costretta ad alzarsi. Dirigendosi verso l’uscita cominciò a piangere. Capì di aver immolato altri ragionamenti sull’altare della sua assoluta incapacità di pensare al futuro. Quell’altare tiranneggiava sulle sue emozioni,lei lo aveva creato e nulla riusciva a distruggerlo .Ma perché voleva rimanere incatenata a quella nostalgica ortodossia? Forse per paura,forse per pigrizia;probabilmente per entrambe.
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