Re:
Scritto da: Slobodan 07/10/2006 18.48
previsto un incontro,anche qui a Ferrara,per novembre,cui parteciperanno tutti coloro,DS in testa,Sdi a seguire e socialisti da prefisso telefonico sparsi per il Po,che fanno ancora riferiemnto alla famiglia del PSE.
E' in quelal prospettiva che sto preparando il mio intervento che vi renderò noto
Premessa: nelle settimane scorse ho aderito al movimento politico de I Socialisti,ritesserandomi a una formazione politica dopo due anni da Cincinnato e riprendendo il percorso iniziato 31 anni fa.
E' un movimento sorto al Congresso del NPSI di un anno fa dalal scissione di coloro che ritenevano,a differenza di DiMichelis,esaurita la fase di alleanza con la CdL,presentatosi in mezza Italia(prevalentemente al sud,comunque non in E.R.)all'interno dell'Unione.
Non ha eletto parlamentari,e non è presente al governo del Paese in quanto l'unico suo membro,Bobo Craxi sottosegretario agli esteri,è stato sconfessato per la sua decisione di presentarsi nelal lista unitaria dell'Ulivo non riuscendo a presentare la lista in Lombardia,con un accordo personale con i vertici ulivisti lombardi e romani.
A guidare il Movimento(non si può chiamarlo Partito)è attualmente l'assessore regionale calabrese Zavettieri,già deputato nazionale negli anni 70 e 80 del PSI,che qualcuno di voi avrà conosciuto l'altra sera da Santoro.
A Ferrara si è creato un circolo(anche qui sezione mi pare inappropriato)composto da ex NPSI cui hanno aderito alcuni compagni sdi delusi dalla rnp e altri storici militanti e dirigenti ex Psi ormai "in pensione",come me.
Avendo previsto che il decorso postoperatorio fosse molto più lungo e truce, ho gettato le basi per il mio intervento la settimana scorsa,e un po' per il poco tempo a disposizione un po' per le preoccupazioni che annebbiavano e limitavano la mia voglia di fare,l'ho impostato sulla falsa(mica troppo poi)riga di ben tre relazioni terze per quanto riguarda l'excursus storico e gli accenni alle regole economiche,declinate ovviamente alla nostra situazione e condizione e pro domo mia,che trova corrispondenza in pieno alle mie esigenze ed intenzioni(ovviamente,fra socialisti ci si intende,la sintonia tarvalica le Alpi) e che mi ha evitato un pomeriggio intero al pc,permettendomi di concentrarmi sui passaggi di merito esprimendone i giudizi,le analisi,el riflessioni e gli suspici.
Rileggendolo ora mi è parso validissimo,non escludo ritocchi nell'imminenza dell'evento ma ve lo proppino comunque così com'è ora perchè le variazioni saranno comunque dettate dalla contingenza e non influiranno sull'impianto.
ho pure rispettato le norme sulal privacy
Avviso ai (AL)rompicoglioni
:i fatti e le opinioni son semrpe intrecciate in un comizio,si sa,quindi le forzature rilevabili asetticamente mi sono note da solo
Cari amici e cari compagni,
è per me un enorme piacere presenziare a questo incontro e tengo a ringraziare moltissimo “Tizio e Caio” che mi hanno invitato a contribuire alla discussione sulle prospettive di una presenza socialista nell’odierno panorama politico italiano.
Devo premettere che mi è stato chiesto di porre l’accento, nel mio intervento, sui Valori del Socialismo e sulla loro attualità.
Ma visto che c’è fra noi il Senatore “Sempronio”, ho deciso di impostare la mia riflessione in altri termini, quelli storici, anche se ovviamente la nostra Storia è pervasa da quei valori che l’amico “Sempronio” ci ha ben ricordato/sicuramente ci ricorderà esaustivamente.
Ed anche perché vorrei per una volta esimermi dall’esibizione dell’Orgoglio Socialista che i tanti amici qui presenti che da anni mi conoscono e che mi onorano di seguirmi conoscono bene: riterrei stupido impostare il mio intervento sul chi è stato più bravo,più buono,più bello,chi aveva ragione e chi torto, e rinfocolare così l’eterna divisione a sinistra in un incontro che deve servire piuttosto ad Unire.
Stasera vorrei Ricordare,non solo ai compagni che con me han subìto la diaspora socialista negli anni difficili del post-craxismo ma soprattutto a coloro che han vissuto e poi rielaborato la storia dell’altra sinistra, quella comunista, che senso ha oggi appartenere alla famiglia del socialismo europeo, perché vedo in giro troppa approssimazione, per usare un eufemismo e non offendere nessuno…
Non fraintendete il mio intervento come paternalista o saccente: sarà solamente un excursus storico della missione socialista di ieri in funzione dell’oggi e del domani.
E per questo permettetemi di farlo non a braccio com’è mio costume ma leggendo il testo che mi sono preparato prendendo spunto da un articolo apparso tempo fa su Le Monde a firma di colui che per tanti di noi giovani studenti universitari di sinistra negli anni Settanta è stato un comune punto di riferimento:Michel Rocard, oggi europarlamentare del PSE, non un delirante profeta noglobal.
Lo stesso Rocard che abbiamo ritrovato ancora come punto di riferimento negli anni Ottanta nel governo di Mitterand e della sua straordinaria stagione riformista sintetizzata nella parola d’ordine Changer la Vie, cambiare la vita…
Volava alto la sinistra francese di allora,dobbiamo volare alto anche noi oggi, perché volare basso come stiam facendo ormai da troppi anni ci porterà a veder erodere ancor di più il nostro consenso nel Paese,un Paese che se è costretto a volare basso preferisce farlo con i simpatici imbonitori della destra, non certo con le tristi macchiette della sinistra di oggi.
Spero di non annoiarvi perché l’intervento è lungo e a tratti tecnico,ma come detto non vuole essere un comizio, e comunque capirò l’eventuale esigenza di alcuni ad uscire per fumare!
Chi siamo e da dove veniamo Noi lo sappiamo bene.
Dove vogliamo andare anche, se con ostinazione ci definiamo Socialisti in questa Italia del 2006 e nonostante tutto quello che ci è capitato negli ultimi 15 anni.
Ma è sempre bene rinfrescar la memoria per prepararci alle sfide che ci attenderanno in futuro…
Nato come “ideologia scientifica” un secolo e mezzo fa e presente in forma organizzata anche in Italia da 114 anni , il Socialismo è sempre stato nel contempo un movimento di lotta e il tentativo eroico e teorico di costruire una società meno ingiusta e più umana. Ha enormemente contribuito a migliorare i salari e le condizioni lavorative, come pure a risolvere l’emergenza della sicurezza sociale.
E’ un bilancio importante, quello del Socialismo.
E’ stato un impulso spontaneo, non dottrinario, come quello che ha spinto Giacomo Matteotti e i primi pionieri socialisti a battersi perché potesse esservi un conflitto sociale senza che i carabinieri del Re si schierassero con i padroni, perché illegale non era scioperare, ma solo usare la violenza non giustificata da legittima difesa. In nome del Socialismo ci si battè perché l'orario di lavoro per le donne e i bambini non dovesse essere di diciotto ore ma di quattordici, poi di dodici e poi ancora di meno. Ci si battè perché chi lavorava potesse creare le premesse per ottenere un trattamento pensionistico nella vecchiaia e un reddito che lo assistesse nei periodi in cui non poteva lavorare perché si era rotto una gamba. Ci si battè perché il latte, il gas e la luce potessero essere forniti da aziende di proprietà pubblica e portate ai cittadini che il gergo degli economisti ancora oggi definisce marginali e per i quali il costo può superare la remunerazione del servizio. Queste, e tante altre come il diritto all’ istruzione sono state le conquiste del Riformismo Socialista, in particolare ferrarese, nel primo periodo della sua storia. Esse sono state il frutto di un'azione impegnativa che ha portato libertà, dignità e diritti a chi non ne aveva mai avuto.
Libertà, dignità e diritti che nei decenni successivi sono stati ampliati dalla presenza socialista anche nel governo nazionale.
L'effetto è stato quello di rendere più governabili e più civili le nostre società. La naturale unilateralità sfruttatrice della macchina capitalistica, così come inizialmente si era messa in moto nelle prime fasi dello sviluppo industriale, è stata bilanciata da un'azione che ha sottoposto il conflitto ad un intervento pubblico regolatore. Attraverso l’amministrazione e la regolazione delle istituzioni pubbliche il riformismo ha così ottenuto risultati riequilibranti a benefìcio sia dei deboli che dell'insieme.
Ma in nome del Socialismo durante il ‘900 sono state anche perpetuate le peggiori tragedie della Storia moderna e contemporanea, addirittura quantitativamente maggiori di quello che viene considerato l’abisso dell’Uomo, cioè l’esperienza nazista hitleriana.
La tragica deriva dell’economia pianificata e del totalitarismo nei Paesi Comunisti ha portato alla sconfitta finale ed alla scomparsa indegna dell’unico progetto alternativo al Capitalismo.
Con il Comunismo, degenerazione dell’Idea Socialista, non è venuta meno solo l’esperienza leninista e sovietica,ma incredibilmente si è aperta una profonda crisi delle Socialdemocrazie, che invece avrebbero dovuto,col crollo dei regimi totalitari dell’Est, veder riconosciuta la propria validità culturale, politica e storica.
Le forze capitaliste hanno vinto, strategicamente ed economicamente, riuscendo inoltre a trasmettere all’opinione comune il messaggio che solo il Capitalismo porterebbe la libertà e garantirebbe il benessere.
Questo invincibile capitalismo, che si riteneva fosse indebolito e minacciato dopo la grande crisi del 1929-1932 e la seconda guerra mondiale, si è totalmente ripreso a partire dagli anni ’50, e da allora non ha smesso di consolidare la sua influenza sul mondo,suggellando la propria vittoria dopo il 1989.
Al punto che non esiste più un progetto alternativo credibile ed il movimento socialdemocratico e, più in generale, le forze progressiste, sono in preda allo sconforto identitario.
I nostri (e quando dico noi mi riferisco a tutti coloro che oggi si considerano riformisti,progressisti e socialisti) onanisti dibattiti sulla globalizzazione e sull’Europa sono palesemente contraddistinti dall’ignoranza, dalla confusione, dall’ipocrisia, da strategie personali e dalla totale mancanza di lungimiranza che regna nelle leadership progressiste,e qui in Italia tutto ciò è elevato all’ennesima potenza.
Il panorama è avvilente, cari amici.
Dalla ripresa del capitalismo dopo la guerra, ormai sessant’anni fa, si sono verificati tre fatti principali, ognuno indipendente dagli altri, che è di assoluta importanza individuare per sapere ciò che avviene e dove si sta andando.
Il primo deriva dalla tecnologia. L’accelerazione vertiginosa della velocità nel trasporto di beni, di persone e dell’informazione, nell’analisi nel trattamento e nel calcolo dei dati, e nel processo di produzione, ha ristretto le dimensioni del mondo, ha reso interdipendenti tutti i Paesi ed ha necessariamente provocato l’apertura delle frontiere per tutto ciò che si muove, fatta eccezione per gli uomini: prodotti, capitali, servizi, idee, mode, abiti e musiche. Ovviamente, la contaminazione ambientale, le epidemie e la criminalità non si sono fatte attendere.
Il temine «villaggio globale» ne descrive bene il risultato.
Il secondo evento riguarda il fatto che alcuni Paesi europei hanno deciso di associarsi mediante dei vincoli istituzionali di natura tale da rendere impossibile la guerra tra gli stessi Paesi. L’obiettivo è dato dalla pace in questo continente con una storia di divisioni e di guerre alle spalle lunga quasi due millenni, il mezzo dall’organizzazione e dal consolidamento dell’interdipendenza economica. Uno dei risultati è la creazione di un mercato di vastissime dimensioni, in grado di consentire alle imprese dell’area di acquisire un’estensione mondiale.
Entrambi questi aspetti, la globalizzazione e la necessità di riconoscere e dare una comune identità europea al nostro continente da sempre diviso ,erano già stati previsti e individuati,con una lungimiranza ed una riflessione analitica ciclopica,da una delle più grandi menti dell’800,colui che ancora resta il convitato di pietra di ogni discussione fra Socialisti e fra progressisti in genere:il suo nome era Carlo Marx.
La diagnosi di Marx è tuttora attualissima.
Ciò che era errato,inconcepibile,folle e come tale è naufragato in un oceano di sangue e miseria era la cura proposta,quella che non poteva non portare alle dittature totalitarie comuniste.
Ma in nome dell’avversione alla cura, sbagliatissima, paradossalmente e sorprendentemente a mio avviso oggi se ne vuole disconoscere la diagnosi,in primis tra le forze socialiste e progressiste.
In poche parole si è buttato il bambino con l’acqua sporca.
Ma se l’acqua era sporca, e lo era, anzi putrida, il bambino era ed è sanissimo.
Il terzo, e a mio avviso principale, evento attuatosi con il crollo del Comunismo non ha alcun rapporto con i primi due, ma li influenza fortemente. Si tratta di un cambiamento profondo nelle regole e nel funzionamento del Capitalismo, che fornisce un carattere incontrollabile e pericoloso alla globalizzazione.
Il capitalismo è un sistema terribilmente efficace, ma socialmente crudele e seriamente instabile. E’ proprio questa instabilità che ha rischiato di spazzare via tutto in seguito alla crisi del ’29 accennata in precedenza.
Dopo la crisi , il capitalismo restaurato ha conosciuto trent’anni di crescita continua in una stabilità sorprendente e un costante progresso sociale. Ciò si deve al fatto che sono state rispettate tre grandi regole che influenzano tutti i paesi sviluppati. Quella di Keynes: potete servirvi delle finanze pubbliche per attenuare le oscillazioni del sistema, invece di rispettare degli equilibri formali. Quella di Beveridge: realizzate una buona protezione sociale; ciò comporterà non solo dei vantaggi dal punto di vista umano, ma stabilizzerà il sistema rendendo incomprimibile, pertanto resistente ad ogni crisi, il livello della domanda sociale. E quella di Henry Ford: pagate dei salari elevati se volete che la gente consumi.
Ed è a questi tre economisti che le moderne socialdemocrazie han fatto riferimento fino a ieri, con sfumature diverse da realtà a realtà.
Fu dopo la seconda guerra mondiale che si produsse un quarto evento: un gruppo di professori di Chicago, guidati da Milton Friedman, elaborò una nuova dottrina che sostanzialmente diceva: viviamo una fase straordinaria della storia del mondo. Dopo millenni di povertà, il mondo diventa ricco. Ciò si deve al fatto che abbiamo inventato un motore efficace, il capitalismo e la libera impresa, e un carburante ultrapotente, il profitto. E se si producesse un ulteriore profitto, il sistema sarebbe ancora più efficace. Sbarazziamoci delle tasse, degli ostacoli al mercato costituiti dai servizi pubblici e dalla previdenza sociale, e delle molteplici regole che limitano il profitto cumulabile dalle imprese. Quale che sia l’attività in questione, l'equilibrio raggiunto dal mercato è il migliore possibile e qualsiasi intervento pubblico può soltanto deteriorarlo: è la nascita del liberismo sfrenato, filosofia semplicista ed erronea, che stimola l'avidità del guadagno, la riduzione aprioristica delle tasse e la demonizzazione dell’influenza dello Stato cui han fatto riferimento le destre anglosassoni ed asiatiche per mezzo secolo e che oggi contamina l’intero panorama geopolitico mondiale,Cina inclusa, e della fattispecie europeo,senza escludere molti settori del centrosinistra nostrano.
A tal punto che oggi le tre grandi regole,alla base della politica socialdemocratica del Welfare State, sono scomparse, i ricchi si sono ulteriormente arricchiti, le ineguaglianze si sono enormemente aggravate fra l’occidente e il resto del mondo, come pure all’interno del nostro paese fra nord e sud e metropoli e campagne, è riapparsa la povertà di massa nei paesi sviluppati, la protezione sociale si erode dappertutto, i servizi sociali sono minacciati,c’è mancanza di trasparenza nel sistema finanziario che obbedisce solo a se stesso ed è ridiventato instabile e ha provocato grandi crisi economiche, l’esaurimento delle risorse e la contaminazione continuano a pieno ritmo poiché ci si rifiuta di applicare le regole che li frenerebbero.
Non è una previsione apocalittica,è ciò che sta accadendo oggi nella nostra società.
Ad un tratto, l’Europa subisce in modo drammatico le conseguenze di questa unica regola del gioco, quella iperliberista, tanto più che le forze politiche non intendono certamente apporvi resistenza. nemmeno a sinistra,e tantomeno in Italia.
Ne consegue che ovunque, in Europa e soprattutto in Italia, i salari ristagnano o aumentano troppo lentamente, la disoccupazione rimane di gran lunga troppo alta, aggravata in Italia dall’insufficienza della ricerca e della formazione professionale, l’unico fattore rispetto al quale potrebbe migliorare un po’ la situazione.
La natura più umana del capitalismo europeo sta scomparendo a vantaggio del capitalismo molto più brutale degli anglosassoni.
Oggi più che mai, tutti i guasti dell´ultra-liberalismo vengono a galla, e stanno mostrando i suoi molteplici e gravi difetti: è ormai evidente che i mercati, lungi dall´autoregolarsi, hanno bisogno di limiti e contro-poteri.
E’ qui che entra in campo la necessità di una forza riformista:
La socialdemocrazia si definisce nella ricerca d´un triplice compromesso tra il capitale e il lavoro, il mercato e lo Stato, la competizione e la solidarietà. Con la globalizzazione e le politiche economiche liberiste, è sempre il primo termine di questi tre binomi che si rafforza a discapito dell´altro.
Ma noi dobbiamo tutelare il lavoro, salvaguardare la capacità d´intervento dello Stato e mantenere la solidarietà. Altrimenti non saremmo Socialisti.
Non possiamo lasciare a coloro che si dichiarano ancora comunisti e che fan riferimento,volenti o nolenti,alla fallimentare cura e non solo alla giusta diagnosi marxista accennata prima,la delega della difesa della classi sociali più deboli storico punto di riferimento delle socialdemocrazie:sarebbe un errore e un suicidio,per la Sinistra e per il futuro di quelle classi sociali,che non possiamo permetterci e dobbiamo evitare.
E sarebbe un’anomalia rispetto all’Europa,dove a fare il proprio dovere in difesa del riequilibrio sociale sono ancora le grandi formazioni socialiste,laburiste e socialdemocratiche.
La rifondazione della socialdemocrazia passerà innanzitutto per l´Europa. Qui ha preso vita la forma moderna del nostro socialismo per la società di oggi: una società solidale nell´economia di mercato.
Mancano appena due anni alle elezioni europee: un appuntamento importante per il futuro della socialdemocrazia in Italia e in Europa.
Dobbiamo fuggire dalle divisioni, dai riflessi di ripiegamento e di corsa al ribasso, troppo frequenti fra i riformisti italiani , dobbiamo riprendere appieno il nostro posto nella società e nel panorama politico, ponendoci nel ruolo di catalizzatori, superando le difficoltà, i rancori passati e le dispute di parrocchia per volgere lo sguardo verso un orizzonte comune. E questo orizzonte comune si chiama PARTITO SOCIALISTA EUROPEO, non si chiama Partito Democratico,un polpettone pseudoriformista con la pretesa di cancellare la storia e le identità del ‘900 e che sarebbe solo una somma di riformismi più o meno convinti,che resterebbe un contenitore di ex comunisti ed ex democristiani,in cerca di una nuova identità per sanare la vergogna del loro passato ed autolegittimarsi come neoliberali agli occhi dei poteri forti e imbrogliando i propri elettori,con una dicitura che vuole ricordare Clinton ma dove la parte della Monica Lewinsky sarebbero costretti a farlo gli elettori in nome di una mera spartizione di poltrone e strapuntini e di una logica di potere che nulla hanno a che fare con la genuina tradizione del riformismo socialista italiano.
Cari DS, decidete finalmente cosa fare da grandi ! Non potete fare i socialisti in Europa e i senza carne né pesce in Italia. perchè tenendo i piedi in due staffe rischiate di restare in eterno quello che solo un atto di coraggio vi impedirebbe d’essere,certo non qui a Ferrara ma l’Italia non è Ferrara,agli occhi non miei ma stando ai dati dell’80% dell’elettorato che da 15 anni continua a non fidarsi di voi:degli ex comunisti e nulla più.
E l’orizzonte non si chiama nemmeno Rosanelpugno, dove convivono in politica economica ed estera due visioni distinte e distanti,quella radicale e quella storica socialista.
Il Garantismo e le lotte per i diritti civili sono scolpite nella roccia della Storia socialista,non vi è necessità di rinominarsi per essere credibili,lo dico col cuore in mano agli amici e ai compagni che stanno ancora a dar credito a Boselli ed alle sue acrobazie.
Poiché siamo profondamente italiani, europei e profondamente socialisti, è questo il senso dell´appello che oggi lanciamo insieme ai DS, allo SDI e a tutti i socialisti riformisti sparsi fra i mille rivoli della politica e ancor di più nell’astensione e nella delusione : "Socialisti di tutta Italia unitevi!"
Noi siamo solo un movimento,nemmeno un partito,ma siamo gli eredi di oltre un secolo di Storia ed abbiamo le spalle coperte.
Per chiudere,vorrei fare una battuta ricordando una famosa frase di Bernstein, il padre della socialdemocrazia tedesca ed europea :
"Il movimento è tutto": così amava sintetizzare le sue conclusioni.
A nessuno venga in mente Casarini o qualche altro stupido fanatico estremista.
Bernstein intendeva dire che il risultato non è affidato al fine ultimo e che è la dinamica della realtà che produce di per sé esiti migliorativi:questa è l’essenza del riformismo.
E noi siamo riformisti,siamo socialisti e siamo un movimento.abbiamo tutte le carte in regola.
E con un gioco di parole: Viva i Socialisti ferraresi…e Nasca anche da noi il PARTITO SOCIALISTA EUROPEO.