Trasta (Officine Manutenzione Vetture)

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GenoaJackson
00giovedì 20 luglio 2006 16:24
Come avrete appreso dai giornali, a Trasta e a Fegino sono attualmente in corso due situazioni di crisi. Se em66 o qualcun altro ci possono spiegare cosa sta accadendo ci fanno un grandissimo piacere, spiegando anche ai meno esperti quali sono le attività attuali nelle due aree citate!
sotto ragazzi!
Badx1
00venerdì 21 luglio 2006 13:01
Per Trasta intendi le Officine Manutenzione Vetture?
Riassumo in breve:
in passato l'area di Trasta era stata indicata come ideale per l'insediamento di uno stadio e impianti sportivi. Ultimamente c'è stato una rapida inversione di rotta:
TI ha deciso di dismettere l'OMV (e reimpiegare quindi i 40 dipendenti in altre mansioni) e affidare la manutenzione delle vetture a ditte esterne (voci di corridoio dicono che verranno inviate a napoli...ma si sa..le voci...)
L'area che si rende disponibile sembra (le ultime notizie sono queste) che verrà utilizzata ad autoparco con servizi (officine, concessionarie automotrici...)
L'area è molto ampia..si parla di 100000 metri quadri e attualmente è evidentemente sotto utilizzata: dai volantini distribuiti dalle RSU a Bolzaneto vengono riparate 400 vetture/anno (certamente per carenza di personale: fino a qualche anno fa erano più del doppio gli operai impegnati nelle officine)
Per conseguenza sembra che l'area destinata ad autoparco a Campi (dietro all'IKEA...l'attuale "cimitero" dei bus AMT) venga utilizzata per lo spostamento della Motorizzazione civile da via Dino Col.
GenoaJackson
00venerdì 21 luglio 2006 19:12
Ok bene!
ma nessuno sa nula duelle due situazioni critiche? Soprattuto di fegino...
Badx1
00venerdì 21 luglio 2006 20:06
cioè? che situazione critica?!? mi cogli impreparato...
fegino geograficamente non capisco cosa c'entri con la ferrovia...
sia le OMV sia lo scalo sono in territorio di Trasta
genoajackson...illuminami... [SM=g27988]

[Modificato da Badx1 21/07/2006 20.06]

titoit
00sabato 22 luglio 2006 15:46
Assurda la situazione di Trasta.
Ieri ci sono passato e ho visto striscioni dei sindacati appesi sui cancelli. E' veramente incredibile la gestione di TI. Abbiamo gravissimi problemi di manutenzione delle carrozze in Liguria, carrozze vetuste, schifose e rattoppate. Abbiamo una OMV e cosa fanno? La chiudono per fare cassa e cedere il terreno ad un autoparco. A parte il fatto che un autoparco potra un enorme casino in zona (si tratta di circolazione di moltissimi camion, dove ora non ce ne sono), ma cmq dove pensano questi geni di riparare le nostre carrozze? A Napoli? E quanto ci mettono per essere portate giù, riparate (da chi poi?) e rispedite su? Almeno avessero rinnovato i rotabili....
Davvero una vergogna!!!

Su Fegino nn so dirvi. Forse si intende l'ex Deposito Locomotive di Rivarolo?
Badx1
00sabato 22 luglio 2006 21:16
visto che TI tende ormai ad esternalizzare penso che autoparco o stadio...ma la OMV non rimarrà....
Daltronde o TI investe pesantemente potenzia la OMV in modo tale da fare ben più di 400 vetture anno...o 100000 mq sono davvero sprecati...
Tieni conto comunque che SE TI potenziasse e trasta diventasse un polo manutenzione tipo quello che c'è a firenze...il passaggio a livello sulla strada in sponda destra sarebbe sempre abbassato....quindi...fra PL e tir...si genererebbe sempre caos!
GenoaJackson
00domenica 23 luglio 2006 00:01
Il problema a fegino è invece diverso: l'area, che in precedenza era un deposito ferroviario, è attualmente data in concessione ad una ditta che aveva l'impegno di mobilitare un "tot" di containers all'anno. si sta invece scoprendo che questa azienda ha tombato di catrame 4 binari su 5 trasformando l'area in un penoso parcheggio per mezzi da lavoro dove di containers non se ne vede l'ombra. Si è inoltre constatato che, oltre al danno funzionale che la ditta ha fatto, è ormai anni che alle ferrovie non viene versato il canone d'affitto. L'azienda è stata multata fortemente e ci sono incredibili sviluppi che saltano fuori giorno dopo giorno. Non so se quello che ho scritto è esatto in toto, però a grandi linee dovrei averci azzeccato. Chiedo ad em66 di illuminarci con la sua profonda conoscenza delle linee ferroviarie.

PS Fegino è nella zona adiacente alla centrale del latte e, partendo da Cornigliano, la si incontra prima di Trasta, sempre sulla stessa sponda.
Badx1
00domenica 23 luglio 2006 13:11
dunque..dopo le OMV di trasta andando a valle c'è la "stazione" Trasta poi l'unico fascio binari è praticamente in corrispondenza della stazione di rivarolo, ma sulla sponda opposta.
Container se ne vedono pochi...ma non capisco il danno funzionale...ad occhio mi pare che quella linea (Trasta-scalo dell'Ansaldo) sia inutilizzata da anni!forse l'hanno resa addirittura commercialmente più appetibile con il catrame! [SM=g27988]
GenoaJackson
00domenica 23 luglio 2006 13:33
Danno funzionale o no, ci sono comunque delle violazioni contrattuali che l'azienda ha commesso. Ma come ripeto la situazione è più complessa e aspettiamo che qualcuno ci spieghi meglio!
em66
00lunedì 24 luglio 2006 14:09
Questi sono gli articolo che parlano del "parco Fegino" (dalla rassegna stampa del Comune di Genova):
rassegnaweb.comune.genova.it/pdf/archivio/2006/20060719/20060719secolo01700120060...
rassegnaweb.comune.genova.it/pdf/archivio/2006/20060719/20060719secolo01700220060...
rassegnaweb.comune.genova.it/pdf/archivio/2006/20060720/20060720secolo02000120060...
rassegnaweb.comune.genova.it/pdf/archivio/2006/20060721/20060721secolo02900120060... In quest'ultima intervista Antonio Smeriglio, direttore generale delle Divisione Cargo, ammette che "Sul parco Fegino ci sono stati errori"
GenoaJackson
00lunedì 24 luglio 2006 14:14
Uhm...troppe cose da leggere, appena riesco faccio un riassunto!
Grazie em66!
Badx1
00lunedì 24 luglio 2006 19:44
scusate...mi potete confermare se l'ubicazione del parco è quella da me indicata 2 post più su o è altrove...
perchè fosse quella...davvero non capisco come si faccia a definirlo un punto d'interscambio!
messo in uno dei punto più critici viabilisticamente,poi!
spero davvero ceh questi 6 mila mq siano altrove!

GenoaJackson
00martedì 25 luglio 2006 07:42
Dunque partrendo da Trasta e proseguendo verso mare, sempre sulla stessa sponda, s'incontra dopo circa mezzo chilometro (forse meno) un'area all'interno della quale convergono dei binari e dove sono parcheggiati dei muletti. Subito dopo ci si imbatte nella centrale del latte....
Badx1
00martedì 25 luglio 2006 21:17
ah!..fino a due minuti fa...la consideravo trasta...la stazione subito prima pure si chiama così...mah!
allora è praticamente dove c'è la frigogenova...
Rimane il problemino che il PL lì, se fosse sempre abbassato per traffico merci, ucciderebbe il traffico su gomma...
Realizzando però un sottopasso in stile Campi, però...devo amettere che quell'area potrebbe avere un ruolo strategico.

titoit
00lunedì 2 aprile 2007 23:21
Passano i mesi e ormai gli anni e l'area di Trasta è sempre desolatamente vuota. Anche gli striscioni delle org. sindacali appesi sulle cancellate si stanno ingiallendo.
L'officina chiude e se non mi sbaglio l'unica OMR (Officina Manutenzione Rotabili) della Liguria diventerà Savona, assegnata alla DTR Liguria. Scelta che può essere giusta, vista la collocazione non proprio felice di TRasta (movimentazione carri difficile perché raccordata a raso e con un PL con la Lenta Giovi).
Ma di Trasta che si fa? Boh? FS (o meglio FErrovie Real Estate [SM=g27996] [SM=g27996] ) latita nell'attesa di poter attuare una bella speculazione immobiliare.
E' giusto. Questi sono i problemi di FS. [SM=g27996]
chicc0zz0
00martedì 3 aprile 2007 09:48
Questi sono i problemi dell'Italia
Badx1
00martedì 3 aprile 2007 20:27
l'ipotesi che circola con più forza, ultimamente, riguarda la realizzazione di un autoparco + polo servizi agli spedizionieri e agli autotrasportatori, insomma quello che si voleva fare a Campi per parcheggiare i TIR, dotandolo di un minimo di servizi igenici, farcito di uffici e officine.
+ traffico pesante, ma più posti di lavoro...la legge del contrappasso...
em66
00giovedì 12 aprile 2007 10:28
A dire il vero tra Bolzaneto e l'OMV di Trasta non c'e' solo un passaggio a livello ma anche un tratto in sede promiscua (oltre ad un'inversione).
Badx1
00giovedì 12 aprile 2007 20:16
certo...ma il problema principale alla viabilità lo da il PL sulla strada in sponda sinistra.
LE altre infrastrutture gravitano su viabilità secondaria.
em66
00venerdì 13 aprile 2007 09:20
Il PL (ma non e' in sponda destra?) potra' essere un problema per la viabilita ma non certo per la movimentazione dei carri. Dal punto di vista ferroviario e' invece problematico il tratto in sede promiscua.
Badx1
00sabato 14 aprile 2007 14:45
sì sì...sponda sinistra...mi ero girato male!
certo...ma siccome la manovra di ingresso a a trasta è lenta la coda aumenta. per fortuna quasi sempre le tradotte vengono fatte in orari abbastanza tranquilli.
La movimentazione in sede promisqua a trasta è problematica per il personale impiegato, forse, ma viabilisticamente c'è un semaforo prima del cancello OMV...quindi si riduce a un PL non protetto...
em66
00mercoledì 20 giugno 2007 09:48
Riporto anche qui il testo volantino distribuito nei giorni scorsi relativo alla chiusura dell'omv di trasta.

La RSU della manutenzione del trasporto regionale F.S.
annuncia con dolore
la prematura scomparsa dell'officina manutenzione carrozze di Genova Trasta
il 18 giugno 2007
grazie ad un atto irresponsabile di Trenitalia FS ed alla totale e colpevole indifferenza di Regione - Provincia - Comune di Genova
mancheranno alla produzione della comunita' genovese e ferroviaria:
- 45 lavoratori della Manutenzione e degli Appalti Ferroviari
- 600 carrozze in manutenzione annuale
- 10 manuvratori della Stazione di Genova-PP
- 6 verificatori della Stazione di Genova-PP
- 80.000 mq di spazi utili al servizio ferroviario
- 24 prove freno ai treni nella tratta Milano - Ventimiglia e ritorno
i lavoratori ringraziano il gruppo F.S. per gli atti unilaterali


em66
00mercoledì 20 giugno 2007 09:51
riporto anche qui un articolo da www.ilsecoloxix.it relativo alla vendita di ex aree ferroviarie (tra cui Trasta)

Fs, aree all'asta per "ripartire"
INTESA CON COMUNE E REGIONE
Obiettivo: fare cassa per finanziare piani di sviluppo del trasporto locale

VENDERE o comunque ottimizzare la resa più di 100 mila metri quadrati di aree ferroviarie che non servono più. A Trasta, Terralba, Prà, Voltri e in zona Ponte Parodi. È più di una prospettiva, è un accordo che stanno sviluppando in maniera congiunta Gruppo Ferrovie dello Stato, Regione Liguria e Comune di Genova. L'obiettivo? Far cassa per finanziare progetti considerati prioritari per lo sviluppo del trasporto pubblico locale e della città in genere.
Gli intenti sono comuni, e nei mesi scorsi sono stati messi nero su bianco. Ferrovie ed enti locali sono d'accordo sulle priorità. Si tratta di idee "complementari" al cosiddetto ampliamento del Nodo di Genova, la cui progettazione è quasi al termine (ma mancano ancora i 622 milioni necessari per il via ai lavori). Eccoli nel dettaglio, i cinque "piccoli nodi" da sciogliere per migliorare la mobilità dei genovesi. Si parla di metropolitana, nel testo dell'accordo, e se ne parla in due punti. Il primo è quello tra il capolinea di Brin e via Canepari. Ferrovie e Comune sono d'accordo sulla possibilità di studiare il prolungamento utilizzando una coppia di binari del rilevato ferroviario. Sul complesso nodo di Terralba l'intenzione è simile: arrivare col metrò fin qui ma senza dimenticare che l'uso primario di quest'area - soprattutto dopo la recentissima chiusura delle officine di Trasta -è quello di riparare i treni. L'utilizzo di parte del parco ferroviario consentirà di collegare Brignole e Terralba (con un tracciato sotterraneo o sopraelevato) e di ipotizzare il proseguimento del metrò fino a San Martino. Completa il quadro delle opere considerate fondamentali l'utilizzo di una porzione di area del parco ferroviario del Campasso per la realizzazione di un nuovo deposito-officina e del relativo binario di prova. Questo progetto, che potrebbe potenziare notevolmente i traffici da e per il porto, in realtà non sembrerebbe rientrare nelle priorità individuate da Trenitalia nell'ultimo piano industriale. Qualcosa, in questo senso, pare essere cambiato con l'arrivo del nuovo amministratore delegato del Gruppo Ferrovie dello Stato Mauro Moretti. Proprio Moretti, infatti, in una recente occasione pubblica, aveva fatto capire che il Gruppo non è intenzionato a realizzare interventi «importanti» sullo scalo del Campasso prima di una riorganizzazione della movimentazione merci all'interno del porto.
Ma i sogni, senza i denari, non stanno in piedi. Per questo nello stesso accordo vengono elencate anche ipotesi di soluzioni possibili al problema finanziamenti. Vendita di aree che non servono più, oppure richiesta di cambio di destinazione d'uso per renderle edificabili. Il dettaglio. La stazione di Genova-Sampierdarena è stata individuata come una priorità assoluta, in campo di mobilità, dal sindaco Marta Vincenzi. Parrebbe quindi che rispetto all'accordo del quale stiamo parlando, al quale ha lavorato la giunta Pericu, ci debba essere sostanziale continuità. L'accordo prevede di trasformare l'edificio della stazione e di valorizzare le aree ferroviarie contigue, in base a un progetto già presentato da Rfi. La prospettiva è quella di usare aree di proprietà comunale per garantire un effettivo interscambio nel perimetro di piazza Montano, piazza Veneto, via Degola. Non solo, perché l'idea del Comune - valutata e poi approvata dalla Vincenzi - è anche quella di fare della nuova stazione un punto di rinascita per il quartiere.
Torna poi l'ipotesi, bocciata dall'assessore all'Urbanistica della giunta Pericu, di realizzare un edificio di pregio tra via Buozzi e Mura degli Zingari, zona Ponte Parodi. In quel punto, dove è già in via di realizzazione la rotonda che dovrà semplificare la viabilità da e per il costruendo maxi-terminal di Ponte Parodi, qualcuno ipotizzò la costruzione di un palazzo. Nella bozza di accordo si parla di 11.500 metri quadrati.
A Terralba, come già spiegato, si tratta di mettere insieme le aree di proprietà del Comune e delle Ferrovie per migliorare l'utilizzo degli spazi. Si pensa, tra le altre cose, di trasferire il mercato di piazza Terralba in un edificio oggi delle Ferrovie. A Trasta sono circa 80.000 i metri quadrati da recuperare a nuova funzione dopo la chiusura (anche se 22.000 sono occupati dalla sottostazione elettrica). A seguito del completamento dei lavori di spostamento a mare della linea ferroviaria nella tratta di Castelluccio e in quella del Torrente Branega, invece, sono stati liberati 25 mila metri quadri di spazi non più utili alle Ferrovie a Pra'. Altri 1.450 metri quadrati non servono più alle Fs a Voltri, a mare della stazione, in una posizione di straordionaria appetibilità per eventuali investitori immobiliari. La "vetrina del riqualificabile" si completa con l'ex stazione ferroviaria e annesso scalo ferroviario di Campi.
Ora rimane da capire se, rispetto a questo piano concordato nei primi mesi del 2007 e mai smentito né mutato, le intenzioni delle Ferrovie dello Stato e della nuova giunta comunale non siano cambiate. In ballo non c'è soltanto il trasporto passeggeri, ma soprattutto la movimentazione delle merci e la manutenzioni del materiale rotabile.
I nodi dove potrebbero sorgere i problemi più grandi, il Campasso e Terralba, sono anche quelli a maggior rischio occupazione per i dipendenti dell'azienda dei treni. Per questo i rappresentanti dei lavoratori continuano a chiedere di essere coinvolti dal tavolo che dovrà rilanciare il rapporto tra Genova e i binari. «Il sindacato deve essere coinvolto - è l'ennesimo appello che arriva dalla segreteria regionale di Filt-Cgil - abbiamo già avuto avvisaglie preoccupanti di questo modo di agire, con lo spostamento, per decisione presa direttamente da Roma, di dieci macchinisti dalle merci al trasporto passeggeri».
daniele grillo
19/06/2007




euge1893
00mercoledì 20 giugno 2007 10:22
grazie em.... sei mitico [SM=g27985]
em66
00martedì 18 novembre 2008 12:08
da www.ilsecoloxix.it

«Rischio amianto nelle officine Fs»
18 novembre 2008| Graziano Cetara
La denuncia dei sindacati. La prova nelle carte delle Ferrovie, che però negano
Difficile ammettere che fino a metà degli anni Novanta i treni passeggeri «hanno viaggiato per l’Italia ancora carichi di amianto, nelle parti elettriche, meccaniche e idrauliche, e nelle condotte dell’aria», come negli anni in cui la fibra cancerogena era tollerata. Difficile ammettere che gli operai delle ex Ferrovie dello Stato, incaricati di rimuoverlo, «hanno lavorato per anni in condizioni di rischio» e che, nonostante questo, «le richieste di riconoscimento dei benefici della legge sull’amianto giacciono sotto strati di polvere negli uffici dell’Inail».

Difficile ammetterlo ma ci sono documenti inediti a testimoniarlo, ci sono decine di cause davanti ai tribunali civili di tutta Italia e c’è il racconto di decine di lavoratori, alle soglie della pensione e in allarme per la minaccia di un tumore ai polmoni, a confermarlo. È l’ultimo caso di una storia imbarazzante - per aziende, politica e sindacati - che agita il sonno di migliaia di pensionati in tutta Italia, da quando l’inchiesta della procura di Genova ha scoperchiato il sistema delle pensioni facili, assicurate grazie a sgravi a quanto pare non dovuti. Di fronte a chi ne ha beneficiato senza averne diritto - come dimostrano gli oltre cento indagati per la truffa ai danni dello Stato scoperta nel capoluogo ligure e i primi 29 assegni mensili revocati dall’Inps - ci sono categorie intere che sono state penalizzate, come molti lavoratori marittimi, per esempio.

Per gli operai delle Ferrovie, come denunciano le organizzazioni sindacali, «questo è successo grazie a un curriculum in fotocopia consegnato all’azienda a tutti i suoi operai». Un foglio capace di tagliare ogni legittima aspettativa: «A partire dall’anno 1984 tutte le lavorazioni in presenza del rischio amianto sono state espletate negli impianti dove nel frattempo sono stati istituiti locali confinati e protetti». Le Ferrovie contattate dal Secolo XIX aggiungono: «Da quell’anno sono state introdotte procedure e precauzioni per lavorare in sicurezza. Dal 1992 in poi le rilevazioni ambientali nei nostri stabilimenti hanno individuato fibre al di sotto dei livelli massimi previsti nell’arco delle otto ore lavorative».

I documenti in possesso alle principali organizzazioni sindacali di categoria, e che il Secolo XIX ha in copia, dicono tutt’altro in particolare per quanto riguarda le officine genovesi di Trasta e Brignole, dove operano una novantina di addetti e dove centinaia di altri si sono affaccendati nel corso degli ultimi vent’anni. Situazione che sarebbe analoga a quella di centinaia di altri stabilimenti sparsi in tutto il Paese, fatta eccezione per le dieci officine grandi riparazioni italiane, le prime a mettersi al riparo dal rischio amianto.

A Trasta (officina chiusa da un anno) e a Brignole, ma anche a Rivarolo e Terralba, l’esposizione all’amianto negli ambienti di lavoro, «assolutamente non “confinati e protetti” come indicato nei curriculum», spiega uno dei lavoratori dietro al vincolo dell’anonimato, è certificata da documenti delle stesse Ferrovie almeno dal gennaio 1989 in poi fino ad almeno il 1997 (quando sono state smaltite solo dall’officina di Genova Brignole oltre due tonnellate di asbesto in varie forme). Prendendo a campione l’anno 1989, sui documenti relativi alle analisi ambientali commissionate all’istituto di Medicina del lavoro dell’Università di Genova si leggono i livelli di esposizione alle fibre dell’amianto dei vari addetti.

Per Trasta (manutenzione carrozze): addetto alla sostituzione pastiglie (100 fibre per litro), addetto spannellature laterali e superiori (300 fibre), elettricista sostituzione plafoniere e addetto pulitura e smontaggio filtri (200 fibre), addetto cassoni acqua (300 fibre). Per Brignole (manutenzione locomotori ed elettrotreni) livelli altissimi: addetto sostituzione filtri (800 fibre per litro), addetto sostituzione filtri automatici (400 fibre). Il 27 gennaio 1989, il capo dell’ufficio sanitario compartimentale di Genova Allida Predonzani (attualmente in carica) scriveva tra l’altro a proposito dell’officina di Trasta: «È stata rilevata una concentrazione ambientale media di 300 fibre per litro, anche in zone dove non vengono effettuate lavorazioni a rischio».

«Il medico rilevatore ha constatato inoltre sia uno scarso uso dei mezzi di protezione da parte dei lavoratori, sia una carenza di tali mezzi in magazzino». La consulenza di parte di un operaio elettromeccanico dell’officina di Brignole, che ha fatto causa all’Inps, ha calcolato una esposizione all’amianto media di 300 fibre litro fino ad almeno 1991. Più che sufficiente ad avere i benefici della legge. Per la normativa sull’amianto basta una esposizione media a un livello di 100 fibre per litro per un periodo di almeno dieci anni per ottenere il diritto agli scivoli previdenziali. Basta che il curriculum aziendale lo indichi. In caso contrario bisogna rivolgersi al tribunale civile della speciale sezione lavoro.

Gli operai delle Ferrovie lo hanno fatto in massa, a partire dalla causa pilota promossa in Veneto nei primi anni Duemila. L’ultimo grado di quel giudizio in Cassazione ha stabilito nel 2006 una indicazione per tutta la categoria: i ferrovieri devono rivolgersi alla Corte dei conti. Una beffa dopo anni di attesa che si è propagata in tutta l’Italia bloccando i ricorsi di una moltitudine di lavoratori. Anche a Genova. Qui in particolare una sentenza del tribunale civile ha stabilito un clamoroso precedente nel 2005: un operaio, che si era licenziato dalle Ferrovie ed era stato assunto da un’altra azienda genovese a “rischio amianto”, ha ottenuto il riconoscimento dei benefici per un periodo complessivo che comprende anche gli anni di lavoro alle ferrovie.

em66
00mercoledì 19 novembre 2008 10:29
da www.ilsecoloxix.it

Amianto sui treni, l’Inail accusa
19 novembre 2008| dall’inviato Graziano Cetara

Quattromila domande per la concessione dei benefici contributivi della legge sull’amianto in sospeso da almeno due anni. Sono quelle presentate dai ferrovieri liguri e che l’Inail, l’istituto che certifica l’esposizione dei lavoratori alla micidiale fibra dell’asbesto, non può esaminare in gran parte per la «scarsa collaborazione» da parte di Trenitalia. «Manca ancora la metà dei curriculum necessari a ricostruire la storia lavorativa di ciascuno. E soprattutto mancano le carte per poter approfondire le diverse attività svolte e i luoghi nei quali venivano portate a termine», spiegano dalla direzione provinciale dell’ente assicuratore.

Arrivano carte insufficienti se non proprio inutilizzabili e questo impedisce all’organo tecnico dell’Inail, il Contarp, di esprimersi sulla presenza o meno di un’esposizione all’amianto superiore alla soglia massima di 100 fibre per litro, mentre alcuni operai sono già morti per tumori legati all’asbesto. Di più. I documenti consegnati sono duramente contestati dalle organizzazioni sindacali, e in particolare la Filt Cgil, perché dichiarano, come rivelato ieri dal Secolo XIX, una circostanza smentita dagli stessi documenti aziendali: «A partire dall’anno 1984 – scrivono le ex Ferrovie - tutte le lavorazioni in presenza del rischio amianto sono state espletate negli impianti dove nel frattempo sono stati utilizzati locali confinati e protetti». «È falso», attacca Guido Fassio, segretario regionale della Cgil trasporti: «È una vergogna questo atteggiamento dell’azienda che nega un’evidenza dimostrata dalle analisi ambientali eseguite negli anni Ottanta e Novanta». Si fa qui riferimento a un dossier sull’amianto in ferrovia che lo stesso Inail preparò a cavallo tra il 2005 e il 2006, intitolato “Linee guida per la valutazione tecnica dell’esposizione all’amianto per i lavoratori delle Ferrovie”, in possesso del Secolo XIX. L’analisi dei consulenti dell’ente pubblico, in sintesi, rivelava che «dopo il 1983/1984 iniziò una robusta campagna aziendale per mettere in sicurezza le operazioni di decoibentazione e gli interventi di riparazione più contaminati dall’amianto – si legge – Restano incerte le date e le aree di lavoro interessate dall’effettiva cessazione dell’esposizione alla fibra in concentrazioni superiori alle 100 unità per litro». Fu una «cessazione graduale» che durò fino ai primi anni Novanta.

Ma nelle quasi 50 pagine di dossier emergono comunque particolari molto interessanti. Sono intanto 5 le categorie delle lavorazioni a rischio che vengono individuate dagli esperti Inail: la manutenzione ciclica del materiale rotabile; la manutenzione corrente sempre del materiale rotabile; la manutenzione della massicciata, ovvero dell’armamento ferroviario; la manutenzione degli impianti elettrici di linea; la manutenzione degli impianti di sicurezza (per esempio i passaggi a livello). L’amianto è presente in tutte queste operazioni. Le tre categorie di lavoratori che vengono sottoposti quindi ad analisi sono: il personale di macchina; il personale viaggiante; il personale di stazione. Illuminanti alcuni passaggi del dossier: a proposito della manutenzione del materiale rotabile, per esempio, cioè delle carrozze, si sottolinea che «solo in casi di rappezzi estesi dopo l’83 si faceva ricorso, ove prevista alla sala di bonifica». E si aggiunge che «secondo la documentazione per migliorare i tempi di completamento, alla bonifica partecipano, oltre alle grandi officine, anche alcuni impianti delle manutenzioni correnti». E, più avanti, la frase che smentirebbe la tesi sostenuta dalle Ferrovie, a proposito delle date: «Il pieno recepimento della direttiva per la prevenzione del rischio amianto può considerarsi concluso entro il 1990-1991».

Sono questi i retroscena che emergono scavando a fondo sul caso degli operai delle officine delle ex Ferrovie dello Stato genovesi. Centinaia di lavoratori (adesso ne rimane in servizio una novantina) ai quali non è stato ancora riconosciuto il diritto ai benefici della legge sull’amianto che, invece, a pioggia ha favorito il prepensionamento di altre categorie. Delle 4.000 pratiche attualmente in sospeso all’Inail ligure, duemila riguardano lavoratori che per la quasi totalità sono stati dichiarati dall’azienda «non esposti all’amianto». Per i duecento operai delle officine che hanno chiesto gli scivoli previdenziali previsti, Trenitalia ha fornito la storia professionale di ciascuno con la precisazione contestata sugli ambienti “confinati” e “protetti”.

Ora che l’inchiesta della Procura di Genova ha scoperchiato casi di abusi e corruzione, sui quali sono in corso le indagini dei sostituti procuratori Vittorio Ranieri Miniati e Luca Scorza Azzarà, i lavoratori attraverso i loro rappresentanti sono usciti allo scoperto. «Abbiamo avuto negli ultimi anni almeno cinque morti per mesotelioma pleurico, malattia legata all’esposizione all’amianto, tra gli operai che hanno lavorato nelle officine genovesi», rivela Guido Fassio. «Portiamo avanti questa battaglia da anni purtroppo senza vederne la fine – aggiunge Fabrizio Castellani, segretario Cgil comparto ferrovie – i curriculum consegnati dall’azienda sono sostanzialmente tutti uguali e dichiarano che le lavorazioni dal 1984 sono state sempre svolte in sicurezza. Non è vero».

Trenitalia chiamata a replicare precisa: «La nostra azienda è stata la prima in Italia ad applicare tutti i protocolli per la gestione delle bonifiche e delle lavorazioni in ambienti contaminati e il nostro esempio è stato applicato da tutte le più grandi aziende. I dati sulla presenza di fibre nelle officine si riferiscono ad analisi a campione ma non hanno un valore che è possibile ritenere costante nel tempo. E poi certe concentrazioni di fibre devono essere accertate per otto ore lavorative al giorno».

Su questi temi il braccio di ferro azienda-sindacati continua ed è destinato a proseguire nelle aule giudiziarie, in particolare di fronte alla Corte dei conti, che tratta i contenziosi degli ex lavoratori statali delle ferrovie: «Abbiamo una quindicina di cause pendenti e un’altra quindicina pronte a partire – spiega l’avvocato Agostino Califano, legale dei ferrovieri Cgil – e almeno una causa di risarcimento danni per una morte dovuta al mesotelioma è in corso. Evidentemente è questo che l’azienda vuole scongiurare, vale a dire la responsabilità penale e civile per le malattie professionali e per le morti legate all’esposizione all’amianto dei suoi dipendenti».

sandro.raso
00mercoledì 19 novembre 2008 11:44
Noi "clienti" la "scarsa collaborazione" di Trenitalia la conosciamo bene, magari ora inizia a conoscerla anche l'INAIL.

Nemmeno in grado di informare correttamente su un guasto di scarsa entità, figuriamoci a fornire i curriculum degli operai o ex operai esposti all'amianto!
em66
00mercoledì 19 novembre 2008 11:53
La cosa ha dell'incredibile visto che in genere le aziende farebbero "carte false" (e forse qualcuna le ha davvero fatte) per usufruire della agevolazioni.
3215
00mercoledì 19 novembre 2008 21:30
evidentemente, in questo caso, in FS + che agevolazioni potrebbero arrivare avvisi di garanzia...
em66
00giovedì 20 novembre 2008 10:57
da www.ilsecoloxix.it

Amianto, tre morti sospette
20 novembre 2008| Graziano Cetara

Lo ha scritto anche un perito industriale nominato dal tribunale del lavoro di Genova, nel corso di una causa promossa da un operaio dell’officina ferroviaria di Brignole: «Dal 31 maggio 1976 al 31 dicembre 1991 (oltre 15 anni), il lavoratore ha prestato attività in luoghi ove si potevano svolgere operazioni che implicavano una esposizione all’amianto superiore ai valori massimi consentiti (100 fibre per litro)». Di più: «La concentrazione media giornaliera di fibre di amianto alla quale è stato esposto durante l’anno è pari a 300 fibre per litro». Per Trenitalia dal 1984 «il limite di 100 non è mai stato superato se non episodicamente». E lo stesso vale «per tutti gli operai delle manutenzioni», i cui curriculum, finalizzati al riconoscimento dei benefici previdenziali previsti dalla legge, sono stati presentati all’Inail e duramente contestati dai rappresentanti sindacali.

L’inchiesta del Secolo XIX sull’amianto in ferrovia - mentre la Procura, che indaga da un paio danni sulla truffa delle pensioni “facili”, ha manifestato un primo interesse a esaminare le carte che ne sono alla base - ha già avuto i primi effetti nelle ex FFSS con l’apertura di una sorta di indagine interna. L’azienda non conferma la circostanza che trapela da fonti interne al compartimento. Gli uffici della direzione regionale stanno raccogliendo tutti i documenti rievocati dal dossier Inail, pubblicato ieri e che mostra una esposizione diffusa e costante alla fibra dell’asbesto per certe categorie di lavoratori.

Tra cui anche quella degli addetti alle infrastrutture, dipendenti di Rfi (altra società della holding), anch’essi a rischio, sebbene in misura minore rispetto agli operai delle officine. Anche per loro, come denunciano i rappresentanti sindacali Filt Cgil della Spezia, la provincia dove la questione è più sentita nel panorama ligure, «l’azienda ha presentato curriculum immacolati», rivela il segretario Valerio Corradini. Tra i manovali della rete ferroviaria della Spezia si sarebbero registrate almeno tre morti sospette, correlabili all’esposizione all’amianto. Lo rivelano ancora le organizzazioni sindacali. Si tratta di un quarantenne che era ancora in servizio (cancro al polmone), di uno pensionato (asbestosi) e di un terzo ex operaio stroncato da un mesotelioma: «Le canaline nelle quali corrono i cavi delle linee telefoniche interne sono tutte in amianto compatto ma anche friabile, specie nelle gallerie. Al passaggio dei treni la polvere di asbesto viene sollevata - denuncia Corradini - qualcuno dovrebbe intervenire a tutela di tutti».

L’esposizione all’amianto nell’officina di Brignole fino a tutto il 1988 (4 anni in più rispetto a quanto dichiarato da Trenitalia), è sancita da una sentenza del tribunale del lavoro di Genova che riconosce i benefici della legge per i nove anni precedenti.

Per quanto riguarda lo stabilimento di Trasta (oggi chiuso) a parlare nel 1989 era il capo dell’ufficio sanitario compartimentale. Si legge in sintesi in una nota operativa al direttore del compartimento: «Pur essendo in alcune lavorazioni specifiche la concentrazione di amianto, rilevata da un’indagine ambientale effettuata dall’Istituto di medicina del lavoro dell’Università, inferiore a 100 fibre per litro nell’arco di 8 ore lavorative (limite imposto dalla legge), è stato superato il limite di 250 fibre. In particolare presso la squadra rialzo di Trasta dove è stata rilevata una concentrazione media ambientale di 300». Sempre nella nota si ricordava che «il medico rilevatore ha constatato uno scarso uso di mezzi di protezione da parte dei lavoratori sia una carenza di tali mezzi in magazzino». E si concordava un fitto programma di lavoro per la messa in sicurezza. La dotazione agli impianti di «adeguati mezzi di protezione individuali e ambientali (maschere, tute, aspiratori, sistemi di lavaggio dei filtri); la umidificazione e il fissaggio nelle lavorazioni a rischio; l’indicazione ai lavoratori del pericolo amianto nelle carrozze in lavorazione; l’esecuzione della manutenzione delle carrozze con amianto «laddove possibile» separatamente dalle altre; la bonifica e la ripetizione dei controlli ambientali nella squadra rialzo di Trasta. Un programma di lavoro che introduceva il concetto di prevenzione cinque anni dopo quanto dichiarato oggi. Sarà stato attuato? Gli operai e i loro rappresentanti sostengono che «fino a metà degli anni Novanta le lavorazioni sono state eseguite in assenza di sicurezza».

Guido Fassio, segretario regionale Filt Cgil: «In questo Paese, i diritti non sono uguali per tutti. I marittimi, ancora oggi, nella stragrande maggioranza, non riescono neppure ad avere il curriculum dalle compagnie di navigazione e le richieste più volte avanzate di utilizzare il libretto di navigazione non sono mai state accolte. Per i ferrovieri i curriculum sono stati in parte consegnati dal Gruppo F.S., ma sono incompleti e a oggi non risultano sufficienti garanzie sulle lavorazioni svolte dal 1984. Ci sono aziende restie a ottemperare agli obblighi di legge. E ci colpisce che nessun governo e nessun politico locale o nazionale, a oggi, abbia voluto dare a questi lavoratori e alle aziende la stessa possibilità di prova che è stata data a coloro che ne hanno “beneficiato”».

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