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Aldo Cazzullo intervista Giulio Tremonti
Dev'essere stata una soddisfazione per Giulio Tremonti vedere il suo libro «Rischi fatali» divenire - in sintesi - il preambolo del programma del centrodestra, di cui è stato ideologo ed estensore, e vederlo sottoscrivere da tutti gli alleati. Sul tema dei rischi Tremonti è tornato ieri, parlando di «rischio agosto 1914» a proposito della mossa protezionista di Parigi.
Che cosa intendeva dire, ministro?
«Se si preferisce un'espressione meno drammatica, vedo un po' un rischio Costa Azzurra. Coloro che hanno responsabilità di governo in Europa rischiano di ritrovarsi tra qualche anno in Costa Azzurra, come i principi della Case regnanti dopo la Grande Guerra, a rinfacciarsi l'un l'altro: sei stato tu a cominciare. L'Austria lancia un ultimatum, lo Zar mobilita due classi, il Kaiser tre, la Francia cinque, il Kaiser mobilita la flotta… è la guerra che nessuno voleva. A me davano del colbertista e del protezionista, ma io ho parlato di duties and quotas , dazi e quote nei confronti della Cina, sul modello americano. Qui siamo alla confusione, al protezionismo nei confronti dell'Europa».
Fu lei a evocare Colbert
«E' vero. Ma io ho ereditato la legge sulle Opa più liberale d'Europa e non l'ho cambiata. Non ci sarebbe neppure bisogno di riscriverla, basterebbe un decreto di una riga: in caso di Opa dall'estero, si applica la legge di un altro paese europeo, a piacere. Ma è una soluzione che non auspico; preferirei invitare tutti a fermarsi, e a riflettere».
Ministro, il programma da lei scritto ha suscitato anche critiche. A cominciare da una certa genericità, che su certi punti lo avvicinerebbe a quello della sinistra. Qual è la differenza?
«La prima, oggettiva differenza è di ritmo. Il programma della sinistra è lento. Questo è rock. Lento innanzitutto in termini di spazio e tempo: 281 pagine, oltre 540 mila battute, almeno una giornata per leggerlo. Il nostro è meno di 20 pagine e si legge in pochi minuti. E poi il programma della sinistra è negativo al 90%. E' pressato "sott'odio", costruito in termini distruttivi: non c'è punto che non parta da un contrappunto polemico. Il messaggio è: ci metteremo 5 anni a buttare giù quanto è stato costruito negli ultimi 5. Il nostro è un programma al 100% in positivo. Ha una doppia matrice: passato e futuro, grande e piccolo. E' diverso da quello del 2001 perché non siamo all'opposizione ma al governo, e quindi dobbiamo coniugare le cose fatte e quella da fare. Ed è ritmato tra prospettive di sistema e presente quotidiano, tra la tenuta sociale e la carta degli anziani, tra le grandi opere e il provvedimento che consentirà di pagare l'Iva quando si incassa anziché quando si fattura. C'è poi un messaggio politico: alla parola libertà si aggiunge la parole identità; marcatore della tradizione, della famiglia, dei valori».
Anche la sinistra fa riferimento a valori.
«La differenza è che, al posto dell'identità, la formula, la chiave semantica del loro programma è "trans". Transnazionale, transvita, transessuale. Il mondo all'incontrario. La famiglia orizzontale, la vita artificiale. Il mondo come un grande bazar, l'Italia come periferia, come segmento piano della geografia globale del mercato».
Ministro, l'Italia è in grave difficoltà.
«Esistono criticità in Europa e in Italia. Non le nego. Ma occorre evitare di bere il cocktail mercatista. Si è denunciato che nel ranking liberale l'Italia segue il Botswana. Su questo paese, per non sembrare provinciale, cito i dati della Cia, ditta solitamente bene informata. Il 37% della popolazione del Botswana soffre di Aids. Il 99% del reddito viene dai diamanti. Una nota positiva per l'Italia: il Botswana non è qualificato per i mondiali di calcio; l'Italia manterrà così il suo primato nel pallone e nel cibo, come si usa dire tra i guru».
Siamo davanti al Botswana, ma non possiamo neppure nasconderci sempre dietro le difficoltà altrui, a cominciare da quelle dell'Europa.
«L'Europa non è un modo per fuggire le responsabilità ma una forma oggettiva e seria di considerazione della realtà».
Ministro, sullo stato dell'Italia gli economisti non sono d'accordo con lei.
«Uno dei segni di crisi di questo tempo è la progressiva dissociazione tra i popoli e le élites. I popoli restano sempre uguali ai popoli. Le élites non solo si dissociano dai popoli perché non capiscono la realtà, ma diventano progressivamente, come dire, autoreferenziali, o autistici. Si strutturano in termini settari, più comici che Scientology. Si autodefiniscono "la professione", si autodenominano "gli economisti", si chiudono e celebrano nei loro "siti", si parlano tra loro con un linguaggio iniziatico».
Le difficoltà di competitività dell'Italia non le hanno inventate gli economisti.
«Un paese è competitivo se produce meglio e più degli altri. Questo dipende da una catena di fattori, dall'energia alle banche, dalle infrastrutture al lavoro. Un economista di Scientology fa girare il computer, scrive un articolo e fa il miracolo. La realtà è più complessa. Sull'energia scontiamo il ritardo delle grandi scelte; e il programma della sinistra pare un riflesso di questi anni. Colpiscono due cose. L'idea pagana della natura; non è la natura al servizio dell'uomo, ma il contrario. E la presentazione in termini da "Mulino Bianco": energia democratica, idrogeno verde, alleanza con la natura. Su questa strada avremo il razionamento della corrente e il raddoppio del riscaldamento».
Vediamo gli altri punti: banche e infrastrutture.
«Faccio notare che fino a quest'estate dei risparmiatori, che sono fondamentali per lo sviluppo, non fregava niente a nessuno. La mia battaglia per il risparmio non era questione di carattere: sotto la "cupola" c'era tutto l' establishment , ma proprio tutto. Quanto alle infrastrutture, nel bilancio del governo ci sono 50 miliardi di euro. Ancora sto aspettando il biglietto che Fassino mi ha promesso a Ballarò con dati diversi. Mentre lui parlava, sul video però scorrevano le immagini di Veltroni che inaugurava la terza corsia del raccordo di Roma. Certo, fare una grande opera non è come comprare un chilo di crescenza. Ma i cantieri ci sono, sulla Torino-Milano, sulla Milano-Bologna, a Venezia, sulla Salerno-Reggio Calabria».
E le liberalizzazioni? Nel programma sono indicate solo come obiettivo, in un modo che sul Corriere Massimo Mucchetti ha definito apodittico.
«Ci sono invece cose specifiche e importanti: la trasformazione delle università in fondazioni, la portabilità dei conti bancari. Leggo spesso dizionari delle liberalizzazioni compilati dai devoti di Scientology: a come agronomi, architetti, avvocati; g come geometri, i come ingegneri; non ho mai letto s come sindacati».
Qualcuno non iscritto a Scientology se n'è occupato, ad esempio Ichino.
«Confesso una certa ignoranza in ordine all'opera di tutti questi autori, devo ancora leggere opere fondamentali di Dostojevskij. Riconosco che sulle liberalizzazioni c'è stato un ritardo. Ricordo che negli Anni '90, dominati dalla sinistra e dall' establishment , si è privatizzato senza liberalizzare, creando così monopoli e quasi monopoli».
Resta il fatto che l'Italia è in declino.
«Non è vero. La retorica del declino, la mistica del rovinismo, costruita in alto e altissimo loco, sottoprodotto di un'ignoranza o di una malafede assolute, hanno fatto e faranno il male del paese. Prima del big-bang dell'89, il mondo aveva 6,700 milioni di abitanti integrati nel mercato, e l'Italia ne rappresentava quasi un decimo. Oggi il mondo globale di abitanti ne ha più di 2 miliardi. La strada era lunga 10 chilometri, l'Italia ne correva uno. Ora la strada è lunga 30 chilometri, e l'Italia non può correrne tre; continua a correre il suo chilometro, perché ha solo 60 milioni di abitanti. Cito i dati della Fondazione Edison: tra il '90 e il 2005 l'Italia perde l'1,3% della sua quota sul mercato mondiale; la Francia l'1,4, il Regno Unito l'1,7, il Giappone il 2,1, la Germania il 2,4, gli Usa il 2,5. La nostra bilancia commerciale segna meno 11,2 miliardi. La Francia è a meno 28,9, la Spagna a meno 93,9, il Regno Unito a meno 115,5, gli Usa a meno 767,8. Non è il governo, è l'Italia che tiene. A dispetto dei giornali che contribuiscono al rovinismo, ad esempio titolando sulla Germania che cresce dello 0,2 più di noi, dopo che per 4 anni noi siamo cresciuti più di loro. A dispetto di Prodi che contava sulle sanzioni europee, mentre l'Europa riconosce la tenuta sostanziale dei nostri conti. A dispetto di chi fa il tifo insieme per l'Unipol e per la Cina. Per questo vinceremo noi».
Come fa a esserne così sicuro?
«Oltre che sulla parola-chiave "trans", il programma della sinistra è incentrato su una doppia patrimoniale: sulla casa, attraverso la revisione delle rendite catastali che significa raddoppio di Ici e Irpef, e sui depositi. C'è chi spazzolava i conti dei morti. Loro, come gli italiani ricordano, sono bravissimi nello spazzolare nottetempo i conti dei vivi».