leggetelo e vi divertirete :-D)) ridere per non piangere, ovviamente !
Di Pietro: «E' una dittatura dolce» Gaffe di Fini che lo bacchetta
L'Italia dei valori grida all'«inciucio» Pd-Pdl e in aula scoppia la bagarre. L'ex pm: «Non riuscivo più a capire se parlava Veltroni o Cicchitto»
Matteo Bartocci
Roma
Solo contro tutti. Ad alzo zero contro quella che definisce una «dittatura dolce e il dialogo a una voce sola», Antonio Di Pietro esce fuori dal coro di elogi al Cavaliere pacificatore e riceve, per questo, un'inedita bacchettata dal neopresidente della camera.
In un'aula che rumoreggia non appena si avvicina al microfono, il leader dell'Italia dei valori inizia ricordando a Berlusconi quando, nel '94, rifiutò l'incarico da ministro dell'Interno nel suo primo governo. Un episodio che serve a non dimenticare, perché noi, dice Di Pietro, «ricordiamo bene la sua storia politica, personale e giudiziaria». La provocazione arriva. Dai banchi del Pdl quasi lo spellano vivo, il forzista Paolo Guzzanti e il consigliere Rai (deputato) Gennaro Malgieri di An iniziano a urlare e Gianfranco Fini, alla sua prima prova di tenuta dell'aula, scivola miseramente. Quando Di Pietro gli ricorda che è un suo compito consentirgli la parola, il presidente di Montecitorio lo invita a proseguire ma «ovviamente dipende unicamente da ciò che si dice...». Numerosi deputati quasi trasecolano e sarà Pier Casini, pochi minuti dopo, a mettere il dito nella piaga e a spiegare all'ex alleato che sarebbe «un precedente molto pericoloso» sindacare i parlamentari a seconda di ciò che dicono in aula.
In effetti, Di Pietro non usa sfumature. «Conosciamo bene le bugie di Berlusconi - scandisce tra i buh e i vergogna della destra - e la sua capacità di distorcere i fatti, così come conosciamo bene il sistema di disinformazione che ha messo in piedi. Noi non abbocchiamo, non intendiamo cadere nella tela di ragno». Accusa il premier di «mentire a ripetizione», di aver portato in parlamento «dipendenti e sodali per ringraziarli dei favori e delle omertà di cui si sono resi complici», di avere «orrore dei giudici indipendenti», calca sul conflitto di interessi e le leggi ad personam.
Nel calderone però c'è anche il Pd. Sfumata la possibilità di piazzare Leoluca Orlando alla commissione di vigilanza Rai, l'ex pm accusa il loft di cercare «l'inciucio», di privilegiare l'Udc mettendosi d'accordo «anche su quale opposizione debba aver voce...». I dipietristi si sentono ormai scaricati da Veltroni ma non tutti concordano sulla linea dura decisa dal leader. Anche se i contatti in parlamento sono quasi inesistenti e le differenze di tono pesantissime, Massimo Donadi, il capogruppo alla camera, non vuole ancora credere a una rottura. «Noi cambiali in bianco a Berlusconi non le firmiamo perché non è una persona credibile. Credo però che il Pd sia in buona fede nel cercare il dialogo, l'Idv non sale sull'Aventino, sono sicuro che quando ci troveremo a discutere davvero di provvedimenti concreti ci ritroveremo di nuovo insieme al Pd».
Un divorzio tuttavia non dispiacerebbe a molti. Pierluigi Bersani, per esempio: «Con l'Italia dei valori c'è una differenza di toni ma anche di priorità. I problemi da affrontare sono tanti. Per noi i temi sociali, le condizioni materiali degli italiani sono le cose più urgenti». Umori che Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla camera, coglie al volo: «Di Pietro cerca la provocazione per interrompere il dialogo in atto tra i due maggiori partiti. Noi abbiamo lo sguardo rivolto al futuro, lui guarda al passato, al '92, lo lasciamo alla sua nostalgia e guardiamo avanti, cercando un confronto normale senza demonizzazioni».
L'ex pm però insiste. «Oggi in aula mi sono dovuto girare più volte, da una parte e dall'altra, per capire chi era che parlava tra Cicchitto e Veltroni».
Non è che io ami Di Pietro, però certe volte penso fortuna che esiste.