Abbiamo ripreso il Discorso di Martini sulla famiglia. E vi abbiamo riflettuto
di don Antonello Iapicca, curatore del blog I segni dei tempi
Nella recente intervista concessa da Betlemme, il Cardinal Martini faceva riferimento ad un suo intervento del 2000: « Ricordo che avevo fatto un discorso di Sant'Ambrogio, sarebbe da riprendere oggi». Vi metteva in guardia dal «panico d'accerchiamento » e dal «tentativo di imporre come d'autorità una nostra concezione della famiglia ». Noi abbiamo ripreso quel discorso e lo presentiamo. Ci è sembrato illuminante per diversi aspetti.
In primo luogo non possiamo non registrare la profonda diversità nell'approccio al tema della famiglia tra il Card. Martini e Benedetto XVI. Abbiamo ad esempio provato a contare le volte che ricorre la parola Gesù nel lungo discorso dell'Arcivescovo Emerito di Milano ed il numero si è fermato desolatamente a cinque. La Sacra Famiglia è completamente assente. Un lettore ignaro dell'autore stenterebbe a identificarlo in un Pastore della Chiesa. Si tratta di una lucida ma freddissima analisi socio-politico-economica della famiglia. Un discorso che traduce la quotidiana intercessione del Card. Martini confidata nell'intervista: " che ci sia dato, anche come Chiesa italiana, di dire quello che la gente capisce: non un comando dall'alto che bisogna accettare perché è lì, viene ordinato, ma come qualcosa che ha una ragione, un senso, che dice qualcosa a qualcuno... ".
Qui s'innesta la seconda riflessione. Leggendo il testo, e ponendolo accanto ai tanti altri interventi del Cardinale in tema di eutanasia, famiglia, vita, fecondazione, Aids etc, possiamo senz'altro dedurre l'idea che Egli ha della missione della Chiesa: un'interfono capace di intercettare i sentimenti e i bisogni della gente, cui consigliare qualcosa di ragionevole, comprensibile, commestibile. La Chiesa come una sorta di grande, paterna, pacca sulla spalla: "Bisogna farsi comprendere ascoltando anzitutto la gente, le loro necessità, problemi, sofferenze, lasciando che rimbalzino nel cuore e poi risuonino in ciò che diciamo, così che le nostre parole non cadano come dall'alto, da una teoria, ma siano prese da quello che la gente sente e vive, la verità dell'esperienza, e portino la luce del Vangelo". Ci vengono in mente le parole di Gesù a Nicodemo: " Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?" (Gv. 4,12). La parola della Chiesa non può che essere la stessa di Gesù: rinascere, convertirsi, credere all'amore di Dio capace di trasformare la morte in vita. L'annuncio del Mistero Pasquale del Signore è sì una parola che cade dall'alto, ma che, come il seme gettato dal seminatore, è destinata a dare frutti che conducono al Cielo. Una parola capace di trasformare l'esistenza, di incarnarsi laddove l'uomo si trova, e trascinarlo con sé in una vita nuova. La Chiesa mostra il volto di Cristo, il Cielo sulla terra, non si limita a registrare le situazioni per offrire un analgesico compromesso. I principi non negoziabili derivano direttamente dall'annuncio del Vangelo. Invece il Card. Martini sostiene che " è importante anzitutto non lasciarsi dominare dal panico da accerchiamento e da recriminazioni senza frutto. Sappiamo infatti che il tentativo di imporre come d'autorità e in maniera univoca e uniforme una nostra concezione della famiglia alla società civile europea sarebbe visto come una pretesa di parte e contribuirebbe probabilmente a radicalizzare i conflitti e a degradare ulteriormente il costume. Chi potrebbe oggi sostenere che, per affermare i valori che ci stanno a cuore, basterà una opposizione frontale alle trasformazioni in atto e un'obiezione di coscienza di fronte ad ogni intervento legislativo che accetti di misurarsi con le questioni poste da un nuovo e discutibile costume?". Il compromesso e la mediazione sembrano essere le vie indicate dal Cardinale, in questo " tempo propizio per declinare la nostre ragioni in uno spirito di dialogo", in evidente contrasto con la riaffermazione piena e convinta del non possumus del Papa e della Cei . Nel testo dell'Esortazione post-sinodale Sacramentum Caritatis, Benedetto XVI sottolinea infatti la necessità, da parte dei cattolici che ricoprono ruoli pubblici, di dare "pubblica testimonianza della propria fede" . Soprattutto quando è il momento di prendere " decisioni in proposito di valori fondamentali" e per "la promozione del bene comune in tutte le sue forme ". Inoltre, aggiunge il Papa, i vescovi sono "tenuti a richiamare costantemente" i valori non negoziabili dato che "ciò fa parte della loro responsabilità nei confronti del gregge loro affidato" . La Chiesa infatti annuncia il Vangelo, che è Parola di Dio, Parola che cade dal Cielo. L'incomprensibilità viene dall'opera del demonio, dalla Babilonia che è diventata questa società. Offrire, tra le tante, un'altra parola, non è la via seguita dal Signore e dalla sua Chiesa. Sedersi in cattedra per tracciare analisi e indicare percorsi non è il compito precipuo della Chiesa, quello affidatole da Gesù. "Andate ed ammaestrate tutte le Nazioni, insegnando loro a mettere in pratica tutto ciò che io vi ho comandato": sono queste le istruzioni date dal Signore agli apostoli. Semplici, chiare, fedelmente eseguite per duemila anni.
In ultimo dobbiamo registrare un terzo aspetto. Se per quanto visto sino ad ora le forze avverse alla Chiesa, congiuntamente a quelle di ispirazione cattolico-democratica, i cosiddetti cattolici adulti per capirci, possono prendere a testimonial ideologico delle loro battaglie il Cardinal Martini, il volto concilainte di una Chiesa altrimenti arroccata su posizioni anacronistiche, altettanto non credo si possa dire se entriamo nel merito della questione concreta dei Dico. Pur tra le nebbie di un discorso molto articolato, nel quale alcune considerazioni circa il valore di testimonianza pubblica dell'affetto tra persone omosessuali sono quanto meno inopportune, appaiono alcuni elementi che sembrano negare qualsiasi cittadinanza giuridica alla proposta del Governo in tema di unioni di fatto: "
Ma, nel momento in cui chiedono autorizzazione e riconoscimento pubblico, quei rapporti alternativi alla famiglia tradizionale (religiosa o civile che sia) devono sottoporsi anch'essi al giudizio sulla loro rilevanza sociale e civile, in riferimento cioè, per usare un linguaggio più filosofico, al "bene comune". Le unioni omosessuali, pur potendo giungere, a certe condizioni, a testimoniare il valore di un affetto reciproco, comportano la negazione in radice di quella fecondità (non solo biologica) che è la base della sussistenza della società stessa. Le cosiddette "famiglie di fatto" pur potendosi aprire alla fecondità, hanno un deficit costitutivo di stabilità e di assunzione di impegno che ne rende precaria la credibilità relazionale e incerta la funzione sociale. Esse infatti rischiano costitutivamente di gettare a un certo punto sulla società i costi umani ed economici delle loro instabilità e inadempienze....Una volta valutato ciò, a noi sembra che le attenzioni sociali debbano essere commisurate anche alle caratteristiche di pienezza dei vari rapporti, tenendo conto sì di nuove forme relazionali e di quel che di positivo possono introdurre in una società fortemente conflittuale, ma anche intervenendo con diversità di sostegni e di riconoscimenti a seconda del grado più o meno pieno di apporto alla costruzione sociale che dà l'unione familiare... Se non c'è sullo sfondo la volontà di stabilità, i benefici della famiglia perdono quel supplemento di valore che hanno rispetto a qualsiasi rapporto economicistico, anzi possono gettare in una più amara disperazione chi aveva su di essi investito o ne aveva assaporato i primi sorsi". Se pure, in questi passaggi, si riscontrano le solite zone grigie che si aprono a qualsiasi interpretazione, e non tutte cattolicamente ortodosse, è innegabile la nettezza di alcune affermazioni. Se questo è il pensiero del Cardinal Martini, beh, non ci sembra possa essere arruolato tra i supporters dei Dico. Al di là di Rahner (teologo guida di certo pensiero cattolico) e della pubblica opinione nella Chiesa, vagheggiata ed esercitata in pienissima libertà dal Cardinale, vi è uno zoccolo duro, un limite che la Chiesa non può oltrepassare. Lo sa Martini, lo sappiano anche le sirene che continuano a cantare suadenti menzogne.
[Modificato da Discipula 18/03/2007 14.57]